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Comune di Bologna

Album "One Big Union": immagini e documenti

Diversamente dalla trilogia dei pirati e da Il Sole dell’Avvenire, la trilogia americana non ha una continuity definita dalla presenza ricorrente di alcuni personaggi. Quello che unisce i tre romanzi che la compongono - Antracite (2003), One Big Union (2011) e Noi saremo tutto (2004) - è la tematica principale, cioè la storia del movimento sindacale operaio negli Stati Uniti fra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento. I tre romanzi sono stati pubblicati in volume unico col titolo Trilogia americana (Milano, Mondadori, 2017).

La minore coesione di questa trilogia emerge anche dal fatto che, essendo protagonista di Antracite lo stregone-pistolero Pantera, questo romanzo rientra anche nel Ciclo del Metallo, insieme a Metallo urlante (1998) - una raccolta di quattro racconti, il secondo dei quali si intitola appunto Pantera - e al romanzo Black Flag (2002), in cui ugualmente compare questo personaggio.

Anche per questo motivo questa gallery, rispetto a quelle precedenti, si concentra in maniera quasi esclusiva su un solo romanzo della trilogia, One Big Union, che è stato pubblicato dopo gli altri due ma la cui trama copre il periodo centrale del secolo sopra indicato, dal 1877 - anno in cui si svolge il prologo - al 1919, quando il protagonista Robert “Bob” Coates esce di scena.

I riferimenti al testo verranno fatti per quanto possibile indicandone i capitoli, in modo che possano essere facilmente reperibili sulle diverse edizioni pubblicate. Citazioni di frasi per le quali si renda necessaria l’indicazione del numero di pagina fanno riferimento al volume che contiene l’intera trilogia, precedentemente citato.

immagine di Il movimento operaio e i suoi scrittori
Il movimento operaio e i suoi scrittori
Anche in questo caso partiamo dalla breve prefazione che Evangelisti premette a un’opera che tratta della tematica principale della trilogia americana, Storia del movimento operaio negli Stati Uniti. 1861-1955 di Richard Boyer e Herbert Morais, uscito nel 1955 e ripubblicato dall’editrice Odoya nel 2012. Come sempre in queste poche pagine, che hanno per titolo L’antagonismo cancellato, Evangelisti va oltre l’opera che sta introducendo, inserendola all’interno di un contesto più ampio. Il volume di Odoya contiene anche uno scritto di Mario Maffi, di cui la stessa casa editrice ripubblicherà l’anno successivo La giungla e il grattacielo. Scrittori, lotte di classe, “sogno americano”, 1865-1920, uscito in prima edizione nel 1981. L’opera di Maffi, della quale è possibile leggere in rete l’introduzione intitolata «Which Side Are You On?», è ugualmente interessante e utile nell’avvicinarsi a One Big Union in quanto tratta le tematiche preannunciate dal titolo attraverso l’opera di alcuni degli scrittori frequentemente citati da Evangelisti nel suo romanzo, in particolare Jack London, Upton Sinclair, Theodore Dreiser, John Reed e i dime novels.   Richard Boyer - Herbert Morais, Storia del movimento operaio negli Stati Uniti. 1861-1955, Bologna, Odoya, 2012. Collocazione: ARPE-BO A. 2045   Mario Maffi, La giungla e il grattacielo. Scrittori, lotte di classe, sogno americano, 1865-1920, Bologna, Odoya, 2013. Collocazione: ARPE-BO A. 2543
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Sono numerosi i racconti di viaggi compiuti da europei negli Stati Uniti nella seconda metà dell’Ottocento. C’è infatti un forte interesse per un paese che si sta sempre più affermando come uno dei riferimenti mondiali dal punto di vista economico. L’ingegnere Louis Simonin viaggia per conto dei ministri francesi del commercio e dell’istruzione pubblica e redige un dettagliato resoconto della sua attraversata da est a ovest, che oggi può esssere letto online. Seguiremo il suo percorso attraverso la selezione di alcune immagini presenti nel volume, che anticipano e riassumono molti dei temi presenti in One Big Union e sui quali ci soffermeremo in questa gallery. Queste prime due illustrazioni mostrano Chicago, la città in cui più a lungo risiede Bob Coates, che però non potrà mai permettersi di vivere in un’abitazione come quella qui riprodotta o di frequentare le zone in cui si trovano gli hotel di lusso come lo Sherman.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
In questa illustrazione siamo ancora a Chicago, ma in un ambiente portuale e industriale più abituale per Coates, che grazie al suo lavoro di meccanico si infiltra fra gli operai per conto di agenzie investigative assunte dai padroni delle fabbriche per controllare dall’interno - e spesso sabotare -  l’attività sindacale. Come ricorda Luca Cangianti nell’articolo Il valore delle battaglie perse. L’operaismo narrativo di Valerio Evangelisti, nell’idea di operaismo che segue Evangelisti «La scienza e la tecnologia non sono neutrali» (in L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura, a cura di Sandro Moiso e Alberto Sebatiani, Milano, Mimesis, 2023, p. 15-31: 23): lo sviluppo tecnologico è fondamentale in ottica capitalista e di conseguenza anche la manutenzione dei macchinari ha un’importanza decisiva. Più volte i superiori di Coates sottolineano come del suo lavoro di meccanico ci sia bisogno in ogni industria, cosa che lo rende particolarmente adatto ai lavori da infiltrato e da spia.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Di George Pullman si inizia a parlare al capitolo 11 di One Big Union. Bob, come tutti, sa che è «un imprenditore ferroviario. L’inventore delle carrozze di lusso che portano il suo nome» (p. 390). L’illustrazione rappresenta proprio una di queste carrozze. Torneremo a parlare di Pullman più avanti.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17    
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Ancora una carrozza ferroviaria di lusso. One Big Union è in gran parte un romanzo ferroviario: il suo protagonista si sposta continuamente in treno lungo gli Stati Uniti e sperimenta ogni modalità di viaggio, dalla prima classe (raramente) al carro merci su cui si sale clandestinamente.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Un accampamento di lavoratori impegnati a costruire la ferrovia che attraversa gli Stati Uniti. L’importanza del trasporto su rotaia è testimoniato proprio dall’opposizione che questi lavoratori attuano nei confronti dei “padroni”. Queste sono le parole con cui William J. Burns, titolare dell’omonima agenzia, invia Coates ad infiltrarsi fra i dipendenti di uno dei grandi imprenditori ferroviari del tempo, George Pullman:   «“Ancora e sempre ferrovie”, Burns emise un sospiro e inghiottì un pezzetto di cioccolata. “Per forza. La crescita di questo paese è fondata sul metallo. Quello dei binari, quello delle acciaierie, quello estratto dalle miniere. I disturbatori li troviamo sempre lì: nel cuore stesso della nascita di un sistema. Sono la ruggine che corrode il metallo appena forgiato. Sono l’equivalente dei tarli per il legno. Capisci cosa voglio dire?”» (p. 390).   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Le carrozze, al tempo del viaggio di Simonin, sono ancora il mezzo di trasporto più diffuso. Lungo l’arco cronologico coperto da One Big Union vengono sostituite dalle automobili. Evangelisti non manca di farlo notare, come avevamo già sottolineato parlando di Chi ha del ferro ha del pane, secondo volume della trilogia Il Sole dell’Avvenire, che affronta più o meno lo stesso periodo storico e la stessa evoluzione dei mezzi di trasporto.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Questa illustrazione e quella successiva rappresentano un altro ambiente industriale spesso evocato, anche se non direttamente rappresentato, in One Big Union, quello delle miniere. Il sindacalismo radicale è molto diffuso fra i minatori, fin dal tempo della società segreta dei Molly Maguires, che è protagonista del primo romanzo della trilogia americana, Antracite. Molly Maguires è anche il titolo originale - discutibilmente tradotto con I cospiratori nella versione italiana - di un film del 1969 diretto da Martin Ritt, in cui Sean Connery è il minatore Jack Kehoe, capo della società segreta. Richard Harris invece interpreta James Mc Parland, il leggendario detective dell’agenzia Pinkerton che infiltrandosi fra i Molly Maguires riuscì a fare arrestare e condannare a morte  Kehoe. A Mc Parland è intitolato il capitolo 16 di One Big Union.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Dopo avere attraversato gli Stati Uniti, Simonin approda in California. L’illustrazione mostra le grandi foreste che qui incontra. Anche Coates approda in quelle terre nel capitolo 28, intitolato La rivincita dell’Ovest, inviatovi dai vertici degli Industrial Workers of the World, che vogliono tenere sotto controllo i braccianti agricoli di quelle terre, poco inclini ad accettare un sindacato centralizzato e disciplinato. Bob quindi si trova a fare il doppio gioco: spia i braccianti per conto degli IWW e spia gli IWW per conto dell’agenzia Burns. In quello stesso capitolo Vincent Saint John, uno dei leader del sindacato, dice che «Meno sicuri [sono] i taglialegna della Louisiana: continuano a seguirci, tuttavia sono davvero dei disperati, soli e alla fame, destinati a morire presto» (p. 555).   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall'Atlantico al Pacifico (1876)
In One Big Union trova spazio anche un’epica Battaglia fluviale (capitolo 9). Bob infatti nel 1892 viene inviato a Homestead e rischia la vita quando le imbarcazioni che trasportano gli uomini delle agenzie Pinkerton e Burns vengono accolte a cannonate dagli scioperanti delle acciaierie della cittadina.   Louis Simonin, Attraverso gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico, Milano, F.lli Treves, 1876. Collocazione: 18* D. V. 17
immagine di Giovanni Vigna Dal Ferro, Un viaggio nel Far West americano (1881)
Giovanni Vigna Dal Ferro, Un viaggio nel Far West americano (1881)
Questo resoconto di viaggio nell’Ovest americano è firmato dal giornalista bolognese Giovanni Vigna Dal Ferro.   Giovanni Vigna Dal Ferro, Un viaggio nel Far West americano, Bologna, Stab. tipografico Successori Monti, 1881. Collocazione: 18. Geografia e viaggi. Cart. C.a.2, n. 39
immagine di Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
Gli Stati Uniti sono anche meta di viaggi scientifici, come quello compiuto nella seconda metà del 1863 da Giovanni Capellini, geologo, paleontologo e senatore bolognese, docente di Geologia e più volte rettore dell’Ateneo petroniano. Capellini redige una breve relazione l’anno successivo al ritorno in Italia, poi un più ampio resoconto che viene pubblicato nel 1867. L’insigne studioso donò direttamente al direttore dell’Archiginnasio il proprio carteggio nel 1922, poco prima di morire. Negli anni successivi il materiale venne riodinato andando a costituire il fondo archivistico a lui intitolato. Nel 2022, in occasione del centenario della morte, è stata creata la banca dati Il carteggio di Giovanni Capellini, una fondamentale testimonianza dell’opera di uno dei più importanti scienziati bolognesi a cavallo fra Otto e Novecento. A Capellini è intitolato il Museo di Geologia dell’Università di Bologna.   Giovanni Capellini, Relazione di un viaggio scientifico fatto nel 1863 nell'America settentrionale, Bologna, Tipi Gamberini e Parmeggiani, 1864. Collocazione: MALVEZZI 18/62   Giovanni Capellini, Ricordi di un viaggio scientifico nell'America settentrionale nel 1863, Bologna, Tip. Giuseppe Vitali, 1867. Collocazione: BOERIS B. 167
immagine di Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
La linea rossa indica il percorso del viaggio di Capellini. Clicca qui per vedere la carta a una migliore definizione.   Giovanni Capellini, Ricordi di un viaggio scientifico nell'America settentrionale nel 1863, Bologna, Tip. Giuseppe Vitali, 1867. Collocazione: BOERIS B. 167
immagine di Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
Il viaggio scientifico nell'America settentrionale di Giovanni Capellini (1863)
Nei Ricordi del viaggio di Capellini si trovano alcune tavole illustrative, fra cui questa che riproduce Chicago nel 1820. Se la si confronta con le immagini della città tratte dal volume di Simonin che abbiamo visto in precedenza si nota che in mezzo secolo quello che era un villaggio - o ancor meglio, un terreno strappato ai nativi su cui si ergevano case isolate - è diventato ormai una metropoli, che trova il suo completo sviluppo urbano a cavallo dei due secoli. Lo stesso Capellini annota la crescita vertiginosa della città. In One Big Union Evangelisti sottolinea in più punti la trasformazione della città dell’Illinois:   «Chicago stava crescendo a ritmi vertiginosi. Il traffico automobilistico invadeva ormai le corsie stradali e la vita delle carrozze era sempre più grama. I palazzi seguitavano a crescere in altezza, tra efflorescenze di acciaio e cemento» (p. 525).   Giovanni Capellini, Ricordi di un viaggio scientifico nell'America settentrionale nel 1863, Bologna, Tip. Giuseppe Vitali, 1867. Collocazione: BOERIS B. 167
immagine di Il viaggio alla Esposizione di Chicago (1893)
Il viaggio alla Esposizione di Chicago (1893)
L’affermazione di Chicago come una delle più importanti metropoli americane viene celebrata e sancita dalla magnificente Esposizione del 1893. L’eco di quell’evento arriva anche sui principali quotidiani italiani. «Il Corriere della Sera» pubblica anche un supplemento di quattro pagine che è dedicato non tanto all’Esposizione in sé - in quanto, si dice nell’avvertenza, uno «speciale corrispondente» ne ha già dato conto sulle pagine del quotidiano - quanto al viaggio compiuto per arrivare in Illinois. Il supplemento offre però la possibilità di vedere alcune immagini giunte dall’Esposizione, a partire da quella del Palazzo delle Manifatture e delle Arti Liberali - il principale edificio della manifestazione - che occupa le pagine centrali della pubblicazione. Il supplemento è consultabile integralmente online.   Il viaggio alla esposizione di Chicago. Ottobre 1893, Milano, Tip. del Corriere della sera, 1893. Collocazione: TREBBI Cart. 09, 006
immagine di Vittorio Zeggio, Gli scambi commerciali fra l'Italia e gli Stati Uniti d'America e l'Esposizione Universale di St. Louis (1904)
Vittorio Zeggio, Gli scambi commerciali fra l'Italia e gli Stati Uniti d'America e l'Esposizione Universale di St. Louis (1904)
Le Esposizioni si impongono in Europa nella seconda metà dell’Ottocento come momento di celebrazione della grandezza di una città e presto vengono “esportate” al di là dell’Oceano. Anche a St. Louis - la città natale che Bob Coates aveva abbandonato proprio in favore di Chicago per ottenere una migliore posizione lavorativa - si svolgerà l’importante St. Louis World’s Fair, nel 1904. Venne realizzata una ricca documentazione fotografica dell’evento. Il volume L’esperienza universale di St. Louis. Un racconto attraverso le fotografie di Jessie Tarbox Beals di Manuela D’Agostino (Roma, Carocci, 2018) raccoglie le istantanee scattate dalla fotografa citata. La Beals era una delle quattro fotografe donne invitate a documentare l’Esposizione. La loro presenza «è indicativa del processo di emancipazione femminile che era in atto, agli inizi del Novecento, almeno oltreoceano» (ivi, p. 21). One Big Union racconta anche la condizione femminile, ricca di contraddizioni: la figura emancipata della sorella di Bob, apprezzata giornalista, si contrappone alla tragica esistenza della figlia del protagonista, alla quale viene impedito di studiare e che finisce per morire di fame, incarcerata e “dimenticata” in casa. Le Esposizioni sono anche - e forse soprattutto - una grande occasione per favorire gli scambi commerciali, configurandosi contemporaneamente come celebrazione e motore del capitalismo. L’opuscolo di cui presentiamo la copertina illustra, attraverso un discorso pronunciato al Congresso delle Associazione Commerciali e Industriali d’Italia nel 1902, gli accordi commericali stipulati fra il nostro paese e gli Stati Uniti, in particolare in previsione dell’Esposizione Universale di St. Louis che si sarebbe tenuta due anni dopo.   Vittorio Zeggio, Gli scambi commerciali fra l’Italia e gli Stati Uniti d’America e l’Esposizione Universale di St. Louis (1904), Firenze, Stabilimento tipo-lit. A Gambi, 1902. Collocazione: 6. Commercio. Cart. B2, n. 47
immagine di David Ames Wells, The Creed of free Trade (1875)
David Ames Wells, The Creed of free Trade (1875)
Se è vero che, all’interno del One Big Novel di Evangelisti, già «I pirati incarnano a loro modo i princìpi del liberismo» in quanto il loro unico obiettivo è «Il libero mercato, il superamento dei monopoli, il rifiuto delle dogane, l’arricchimento» (Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Bologna, Odoya, 2018, p. 27-28), non c’è dubbio che gli Stati Uniti del secolo raccontato dalla trilogia americana rappresentano il terreno migliore in cui questa ideologia sfrenatamente liberista attecchisce. I romanzi di Evangelisti la criticano nel profondo - come il sindacalismo rivoluzionario la combatteva con parole e fatti - nel momento in cui rappresentano i rapporti sociali che nascono da questa “dottrina del libero commercio”, come titola l’opuscolo di Wells. Non sarà superfluo notare che la parola creed utilizzata nel titolo ha anche il significato di “credo religioso”: indica cioè qualcosa in cui credere in maniera totale, una convinzione che sfiora la fede. Si legga d’altra parte come viene definito il libero commercio nella prima pagina dell’opuscolo:   «Free trade in its fulliest acceptation, as recently defined by Chevalier, “is the free exercise of human power and faculties in all commercial and professional life; it is the liberty of labor in its grandest proportions”. In its more technical and present political sense, it means the freeing of the exchange of all commodities and services, between man and man, irrespective of residence or nationality, from all arbitrary, artificial obstructions and interferences resulting fron legislaion or prejudice».   David Ames Wells, The Creed of free Trade, New York, G. P. Putnam's sons, 1875. Collocazione: 6. Scienze sociali. Commercio. Caps. III, n. 6
immagine di La Ferrovia Porrettana
La Ferrovia Porrettana
Abbiamo già accennato all’importanza della rete ferroviaria negli Stati Uniti per collegare i vari punti di un territorio sconfinato. Anche in Italia negli stessi anni si avviò un massiccio sviluppo del trasporto su rotaia. Fra le opere decisive, in quanto permise di superare un ostacolo naturale come gli Appennini, ci fu la realizzazione della ferrovia che unisce Bologna a Firenze, attraverso Porretta Terme e Pistoia. Alla costruzione della tratta Bologna-Pistoia, inaugurata nel 1864, l’Archiginnasio ha dedicato una mostra dal titolo La progettazione e la costruzione della Ferrovia Porrettana, oggi visibile online. Rimandiamo alla mostra per una più approfondita documentazione, presentando di seguito solo alcune immagini. Si veda anche il volume Vedute fotografiche della costruzione della ferrovia Porrettana. (1859-1864),  a cura di Renzo Zagnoni e Andrea Ottanelli con la consulenza fotografica di Aniceto Antilopi, Porretta Terme, Gruppo di Studi Alta Valle del Reno, [Pistoia], Associazione Storia e Città Pistoia, 2009.  
immagine di La Ferrovia Porrettana. Jean Louis Protche - Ritratti
La Ferrovia Porrettana. Jean Louis Protche - Ritratti
Progettista dell’opera fu l’ingegnere francese Jean Louis Protche, che qui vediamo ritratto in una foto (a sinistra) e in un disegno. L’Archiginnasio possiede il ricco fondo archivistico di Protche, che documenta non solo la progettazione della Porrettana ma anche di altre opere da lui realizzate.   Le collocazioni dei ritratti sono: - a sinistra: GDS. Collezione dei Ritratti, cart. 47, fasc. 99, n. 1 - a destra: GDS. Raccolta dei ritratti P, n. 104   
immagine di La Ferrovia Porrettana. Panorama della strada-ferrata delli Appennini. Bologna, Pistoja, Firenze (1864)
La Ferrovia Porrettana. Panorama della strada-ferrata delli Appennini. Bologna, Pistoja, Firenze (1864)
In questa immagine vediamo la copertina di un prezioso volume stampato in occasione dell’inaugurazione e posseduto dall’Archiginnasio in più esemplari. Si tratta di un libro a soffietto che riproduce in un’unica immagine di 320x23 cm il percorso della Ferrovia fra Bologna e Firenze. Al volume è anche allegato un opuscolo in cui viene descritto questo percorso e vengono fornite alcune note più specifiche relative alla linea ferroviaria.   Panorama della strada-ferrata delli Appennini. Bologna, Pistoja, Firenze, Bologna, Litografia Giulio Wenk, 1864. Collocazione: BOERIS B. 452
immagine di La Ferrovia Porrettana - Macchina Orione
La Ferrovia Porrettana - Macchina Orione
"Macchina Orione". Collocazione: Fondo speciale Jean Louis Protche, 16 cassettiera 6.3.37, n. 28    
immagine di La Ferrovia Porrettana - Testa sud della galleria di Corbezzi
La Ferrovia Porrettana - Testa sud della galleria di Corbezzi
"Strada ferrata dell'Italia centrale. Discesa dell'Appennino. Testa sud della galleria di Corbezzi". Collocazione: Fondo speciale Jean Louis Protche, 16 cassettiera 6.3.37, n. 33
immagine di Pietro Lanino, Osservazioni e considerazioni sulle ferrovie degli Stati Uniti (1931)
Pietro Lanino, Osservazioni e considerazioni sulle ferrovie degli Stati Uniti (1931)
Se dal punto di vista organizzativo l’Italia scelse un diverso modello rispetto agli Stati Uniti, come vedremo nelle prossime immagini, la dedica di questo volume del 1931 testimonia che sul piano tecnologico la costruzione delle ferrovie americane - La più grande impresa del mondo se si dà ragione al titolo di un volume di Stephen E. Ambrose - rimase a lungo un punto di riferimento per gli ingegneri del nostro paese.    Pietro Lanino, Osservazioni e considerazioni sulle ferrovie degli Stati Uniti, Roma, Collegio nazionale degli ingegneri ferroviari italiani, 1931. Collocazione: 34. E. 484
immagine di Francesco Campolongo, Lo sciopero ed i ferrovieri (1905)
Francesco Campolongo, Lo sciopero ed i ferrovieri (1905)
Lo sviluppo ferroviario pone anche in Italia le stesse questioni sociali che sono al centro della prima parte di One Big Union, in cui Bob Coates viene spesso incaricato di infiltrarsi nell’ambiente degli operai che lavorano alla costruzione della strada ferrata e nei sindacati che li rappresentano. Lo spettro di uno sciopero dei ferrovieri, già verificatosi negli anni precedenti, è il punto di partenza di questo articolo pubblicato sulla «Rivista d‘Italia» nel 1905. Il giurista Francesco Campolongo si interroga se sia più vantaggioso, al fine di limitare al massimo gli scioperi, che le ferrovie siano gestite da aziende private - sul modello statunitense - oppure statalizzate, propendendo per questa seconda soluzione. La statalizzazione infatti a suo parere è preferibile anche perchè gli scioperi sono «la prova dello spirito di ribellione di questa classe di operai verso il capitalista» (p. 350, l’articolo è consultabile online) che potrà essere invece sostituito dalla fiducia in una gestione corretta e giusta da parte degli organi statali. Sarà importante, aggiunge Campolongo, gestire questo ampio corpo di lavoratori con ordine e mantenendo la disciplina. Quella di Campolongo è solamente una delle tante voci che partecipano a un dibattito che si trascina da anni sia a livello politico che sulla stampa.  Proprio nel 1905 gran parte delle tratte ferroviarie italiane vengono effettivamente statalizzate e viene creata l’Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato. Il volume 1905: la nascita delle Ferrovie dello Stato (a cura di Valerio Castronovo,  Milano, Leonardo international, 2005) dà conto del lungo e duro scontro politico-sociale che si era generato attorno alla scelta della statalizzazione o meno delle ferrovie e delle motivazioni - politiche, sociali ed economiche - che portarono alla scelta fatta dal Governo. Una vicenda in cui ebbero un peso notevole proprio gli aspetti sindacali riguardanti la gestione del personale.   Francesco Campolongo, Lo sciopero ed i ferrovieri, «Rivista d’Italia», VIII, 1905, vol. 1, p. 349-367. Collocazione: 19/134
immagine di Memoriale dei "Desiderata" del Personale delle Ferrovie di stato (1910)
Memoriale dei "Desiderata" del Personale delle Ferrovie di stato (1910)
Un documento in cui nel 1910 il Sindacato Ferrovieri Italiani stabilisce diritti e doveri dei lavoratori di quelle che sono ormai da cinque anni le Ferrovie dello Stato.   Sindacato Ferrovieri Italiani. Milano, Memoriale dei “Desiderata” del personale delle Ferrovie dello Stato, Milano, Industria Grafica Italiana Stucchi, Ceretti e C., 1910. Collocazione: 14. Tecnologia. Cart. A, n. 10
immagine di George M. Pullman - Thomas H. Wickes, The Strike at Pullman (dopo il 1894)
George M. Pullman - Thomas H. Wickes, The Strike at Pullman (dopo il 1894)
Abbiamo già accennato a George Pullman - potente imprenditore ferroviario e inventore della carrozza di lusso che portava il suo nome, che rimane ancora oggi di uso comune nella lingua - e all’incarico che Coates riceve dal suo superiore nel 1894: infiltrarsi nelle industrie di Pullman in qualità di meccanico e sabotare dall’interno il movimento sindacale che tiene in scacco l’azienda con scioperi minacciati e messi in pratica. Questo documento, integralmente conultabile online, raccoglie le dichiarazioni rilasciate da Pullman e dal suo vicepresidente Wickes di fronte alla U.S. Strike Commission proprio in relazione ai grandi scioperi del 1894, eventi fondamentali nello sviluppo delle politiche sindacali statunitensi. Per una storia della città e dello sciopero di Pullman si veda: Almont Lindsey, The Pullman Strike. The Story of a unique Experiment and of a great Labor Upheaval, Chicago, London, The University of Chicago press, 1964.   George M. Pullman - Thomas H. Wickes, The Strike at Pullman, [S.l., s.n., dopo il 1894]. Collocazione: 14. Tecnologia. Cart. L2, n. 30
immagine di Fanny Zampini Salazar, La città di Pullman (1894)
Fanny Zampini Salazar, La città di Pullman (1894)
Il titolo dell’opuscolo presentato nell’immagine precedente è The Strike at Pullman perché gli scioperi del 1894 si svolsero nella cittadina di Pullman, fondata dall’imprenditore, che le diede il suo nome, per accogliere i lavoratori delle sue aziende. Teoricamente un’opera di beneficienza “illuminata”, di cui però Evangelisti svela l’inganno: gli operai infatti sono costretti a pagare a Pullman l’affitto da lui stabilito per le case in cui vivono, a comprare i prodotti nei suoi negozi, a sostenere economicamente istituzioni come la biblioteca, il teatro cittadino, ecc. Con l’aggravante che a una diminuzione dei salari non corrisponde un uguale calo del costo della vita in questa Città ideale alla quale è intitolato il capitolo 12 del romanzo. L’articolo qui presentato (consultabile integralmente online) - scritto dall’insegnante e scrittrice Fanny Zampini Salazar e pubblicato su «Nuova antologia di Scienze, Lettere ed Arti» in quello stesso 1894, poco dopo che si erano svolti i fatti narrati in One Big Union - è invece un panegirico senza nessuna ombra dell’operato di Pullman, presentato come un filantropo tradito, al momento degli scioperi, da quegli stessi operai ai quali ha offerto invidiabili condizioni non solo di lavoro, ma anche di vita nel microcosmo della cittadina. L’autrice afferma anche di avere conosciuto di persona sia Pullman che la moglie. La visita dell’autrice alla città di Pullman è in realtà superficiale - nonostante il dichiarato desiderio di volere investigare chiedendo informazioni anche agli abitanti - e coglie solo gli aspetti più di facciata: le case ben tenute, la biblioteca (qui chiamata libreria) ricca di volumi, il teatro che è un gioiellino. Quelle stesse istituzioni culturali che servono a rendere attraente un luogo ma che, dice Evangelisti, erano sostenute economicamente dalle quote di iscrizione - obbligatoria - versate dai cittadini-operai.   Fanny Zampini Salazar, La città di Pullman, «Nuova antologia di Scienze, Lettere ed Arti», 3. ser., LIII, 1894, p. 720-733. Collocazione: A. 2245
immagine di Sigismondo Riceschi, Proposta [...] per la fondazione di una nuova città manifatturiera [...] col nome di Vittoria (1871)
Sigismondo Riceschi, Proposta [...] per la fondazione di una nuova città manifatturiera [...] col nome di Vittoria (1871)
L’idea di una Città industriale (o sociale, esistono varie denominazioni per esperimenti simili) che si configuri come città ideale artificialmente costruita per ospitare i lavoratori si diffonde anche in Italia. L’opuscolo qui presentato contiene l’entusiastica proposta di fondazione di una città di questo tipo, in cui gli operai vivrebbero felici e che permetterebbe lo sviluppo di industrie non presenti in Italia, come quelle per la lavorazione di cotone, zucchero e tabacco (in One Big Union la moglie di Coates proviene una famiglia di sigarai e muore all’inizio del romanzo a causa di una malattia polmonare tipica dei lavoratori del tabacco). Riportiamo una frase dell’opuscolo, parzialmente consultabile online:   «Perchè, ora che il fausto avvenimento a mezzo suo [l’avvenuta unificazione dell‘Italia ad opera di Vittorio Emanduele, n.d.r.] è vittoriosamente compiuto, ed è ormai ricomposta l’Italia, perché tarderemo noi a segnalarne l’epoca [...] ad eternarne in segno di ammirazione e di riconoscenza la memoria di lui colla fondazione della nuova Città Industriale, bene augurandola appunto con lo splendido nome di VITTORIA?» (p. 11-12).   Al di sotto delle motivazioni patriottiche ci sono anche motivazioni economiche che vengono esplicitate ancor prima dell’inizio del testo, nell’avvertenza che affianca il frontespizio:   AVVERENZA [sic] Preghiamo i lettori di aver pazienza a leggere sino alla fine, che troveranno un progetto ben ideato, Semplice [sic] e di nessuna difficoltà agli azionisti di impiegare i capitali con un gran lucro ed interesse per loro, e di gran vantaggio alla ricchezza d’Italia, e di nessuna concorrenza fra le già esistenti industrie italiane.   L’autore dell’opuscolo - che si definisce «un semplice industriale operajo milanese di nessun partito» (p. 60) riporta anche un discorso dell’onorevole Marco Minghetti (p. 55-59), proponendolo come presidente di questa impresa da lui proposta.   Sigismondo Riceschi, Proposta al Parlamento, al Regio Governo ed alla iniziativa privata di una Società anonima per azioni per la fondazione di una nuova città manifatturiere per le industrie ora mancanti ed occorrenti agli Italiani [...], Roma, Stabilimento Tipog. di G. Via, 1871. Collocazione: A.V. D1. Caps. XXXII, n. 30    
immagine di Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Anche il Novecento vede diversi progetti di costruzione di luoghi artificialmente strutturati per dare ai lavoratori presunte condizioni di vita ideali. In questo caso non si parla di città, ma di un villaggio-tipo destinato agli operai impegnati in lavori di bonifica e, in seguito, agli agricoltori. Nelle immagini successive mostriamo alcune tavole che illustrano il progetto di edificazione del villaggio.   Ministero dei lavori pubblici, Tipo di villaggio per alloggiamento di operai addetti all'esecuzione di importanti opere pubbliche in località disabitate successivamente utilizzabile per i primi nuclei di coltivatori, Roma, Stab. tipo-litografico del genio civile, 1925. Collocazione: MALVEZZI 252/18
immagine di Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Per vedere l’immagine a una definizione migliore clicca qui.   Ministero dei lavori pubblici, Tipo di villaggio per alloggiamento di operai addetti all'esecuzione di importanti opere pubbliche in località disabitate successivamente utilizzabile per i primi nuclei di coltivatori, Roma, Stab. tipo-litografico del genio civile, 1925. Collocazione: MALVEZZI 252/18
immagine di Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Per vedere l’immagine a una definizione migliore clicca qui.   Ministero dei lavori pubblici, Tipo di villaggio per alloggiamento di operai addetti all'esecuzione di importanti opere pubbliche in località disabitate successivamente utilizzabile per i primi nuclei di coltivatori, Roma, Stab. tipo-litografico del genio civile, 1925. Collocazione: MALVEZZI 252/18
immagine di Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Progetto di un villaggio-tipo (1925)
Per vedere l’immagine a una definizione migliore clicca qui.   Ministero dei lavori pubblici, Tipo di villaggio per alloggiamento di operai addetti all'esecuzione di importanti opere pubbliche in località disabitate successivamente utilizzabile per i primi nuclei di coltivatori, Roma, Stab. tipo-litografico del genio civile, 1925. Collocazione: MALVEZZI 252/18
immagine di Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Un’esperienza interessante è quella del Lanificio Rossi, più simile dei precedenti al caso di Pullman in quanto la gestione di uno spazio destinato alla vita dei lavoratori - la Nuova Schio, che andò a occupare un quartiere operaio della cittadina veneta - era in mano non allo Stato o a società per azioni miste, ma allo stesso imprenditore per cui le persone lavoravano: la famiglia Rossi. In particolare Alessandro, figlio del fondatore dell’azienda, Francesco, e da subito interessato - in quel senso paternalistico e protezionistico rilevato e criticato da Luigi Guiotto in La fabbrica totale. Paternalismo industriale e città sociali in Italia - alle condizioni di vita e di lavoro dei propri dipendenti. In questa immagine vediamo la copertina di un volume molto bello, con 12 vedute dello stabilimento Rossi e del giardino adiacente, disegnate da Carlo Matscheg. Il volume è interamente consultabile online, presentiamo di seguito solo tre delle 12 illustrazioni. Impossibile non avvertire in queste immagini un sensazione di tranquillità - anche fisica: spazi agevoli, apparentemente silenziosi - e di serenità che difficilmente si sposa con la nostra idea di una fabbrica ottocentesca, descritta in maniera ben diversa da Evangelisti nel momento in cui Coates viene spedito a lavorare nelle aziende di Pullman. Anche a Schio gli operai pagavano un affitto - di entità diversa in base al valore dell’abitazione - alla famiglia imprenditrice. Nel volume di Luigi Guiotto citato in precedenza vengono riportati alcuni documenti, fra cui il contratto d’affitto stipulato fra Alessandro Rossi e i suoi operai.   Carlo Matscheg, Lanificio Francesco Rossi Schio, Venezia, pre. lit. di G.o Kirchmayr, [1864]. Collocazione: 14. C. II. 24
immagine di Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Carlo Matscheg, Lanificio Francesco Rossi Schio, Venezia, pre. lit. di G.o Kirchmayr, [1864]. Collocazione: 14. C. II. 24
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Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Carlo Matscheg, Lanificio Francesco Rossi Schio, Venezia, pre. lit. di G.o Kirchmayr, [1864]. Collocazione: 14. C. II. 24
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Il Lanificio Rossi e la nuova Schio
Carlo Matscheg, Lanificio Francesco Rossi Schio, Venezia, pre. lit. di G.o Kirchmayr, [1864]. Collocazione: 14. C. II. 24
immagine di Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Uno dei temi fondamentali in One Big Union è quello dell’emigrazione negli Stati Uniti. Lo stesso Coates è di origine irlandese e gli operai rappresentano decine di paesi europei da cui sono giunti negli States con il sogno di migliorare la propria condizione. Fra essi, naturalmente, molti italiani. I muratori del nostro paese rischiano la vita ogni giorno per la costruzione dei grandi palazzi di Chicago. Per Evangelisti è naturalmente anche un modo per parlare, specularmente, degli immigrati oggi presenti nel nostro paese, che subiscono le stesse discriminazioni razziste che i nostri connazionali hanno dovuto affrontare per decine di anni. Trasparente è per esempio, nelle parole di un tassista, l’allusione a quella che oggi è una delle più diffuse fantasie complottiste, che periodicamente torna di triste attualità, la cosiddetta “sostituzione etnica”, spesso legata anche a un contrasto religioso:   «“Sapete qual è il vero problema, signori? Troppi stranieri. Kansas City è invasa da forestieri di tutti i tipi, spesso di religione cattolica. Secondo me, esiste un progetto europeo per invaderci. Il papa ci manda le sue legioni, nella speranza che ci pieghiamo al Vaticano”» (p. 568).   In questo opuscolo (consultabile integralmente online) il Commissariato Generale dell’Emigrazione, organismo nato nel 1901, offre agli emigranti consigli, avvertenze e indicazioni che possano facilitare il viaggio e l’arrivo nel nuovo paese. Nell’immagine sulla destra, come recita la didascalia, l’Istituto Italiano di Beneficenza in Nuova York, a cui gli emigranti italiani possono rivolgersi per ottenere aiuto.   R. Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., 1904. Collocazione: 34. F. 2122
immagine di Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
ELLIS ISLAND, nel porto di Nuova York. - Luogo dove sbarcano gli emigranti.   R. Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., 1904. Collocazione: 34. F. 2122
immagine di Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Sede del comitato di soccorso e di patronato per gli emigranti della Colonia italiana in San Francisco di California (Montgomery Street, 628).   R. Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., 1904. Collocazione: 34. F. 2122
immagine di Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Istituto Italiano di Beneficenza in Nuova York. - Refettorio.   R. Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., 1904. Collocazione: 34. F. 2122
immagine di Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà (1904)
Istituto Italiano di Beneficenza in Nuova York. - Dormitorio.   R. Commissariato dell'emigrazione, Avvertenze per chi emigra negli Stati Uniti e nel Canadà, Roma, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., 1904. Collocazione: 34. F. 2122
immagine di Memorandum contro la restrizione dell'immigrazione negli Stati Uniti (1924?)
Memorandum contro la restrizione dell'immigrazione negli Stati Uniti (1924?)
In questo opuscolo del 1924 (integralmente consultabile online) illustri italiani emigrati negli Stati Uniti si oppongono alla proposta di un disegno di legge che limiterebbe l’accoglienza di nuovi immigrati provenienti dai paesi del Sud-Est europeo, compresa quindi l’Italia. Fra i meriti maggiori degli italiani è indicato il ruolo fondamentale svolto dal nostro paese nella Prima Guerra Mondiale e il fatto che il 10% dei soldati dell’esercito statunitense era di origine italiana. Ma evidentemente l’opinione del tassista di Kansas City citato in precedenza, che temeva un’invasione di cattolici, è condivisa anche da personaggi importanti come l’On. Albert Johnson.   Memorandum presentato dal giudice della Corte Suprema dello Stato di New York ... onorevole Salvatore A. Cotillo alla Commissione parlamentare sull'immigrazione insieme alle Deliberazioni del Grande Concilio dell'Ordine figli d'Italia dello Stato di New York in opposizione al progetto di legge dell'on. Albert Johnson per la restrizione dell'immigrazione negli Stati Uniti, [S. l., s. n., 1924?]. Collocazione: 34. G. 429
immagine di Il Proletario (11 luglio 1925)
Il Proletario (11 luglio 1925)
Buona parte di One Big Union racconta la battaglia dell’agenzia Burns - che lentamente si traforma in un organo statale che diventerà poi il Federal Bureau of Investigation - contro il sindacato degli Industrial Workers of the World (IWW). Bob Coates diventa un esperto dell’ambiente degli wobblies, come vengono chiamati gli iscritti al sindacato, e come sempre si infiltra fra gli operai per sabotarlo e spiarlo. L’IWW accoglie tutte le categorie di lavoratori provenienti da qualunque paese. Una delle difficoltà che incontra è quella di fare comunicare fra loro persone di origine diversa e che spesso non parlano né capiscono l’inglese perché giunti da poco tempo negli Stati Uniti. I comizi spesso vengono tenuti in più lingue e nascono giornali legati al sindacato scritti nelle lingue più diffuse fra gli immigrati. L’Archiginnasio possiede questo numero di «Il Proletario» che, come recita il sottotitolo, era il settimanale italiano degli Industrial Workers of the World. Evangelisti lo cita a p. 485 e a p. 500, raccontando eventi del 1908-1909. Il numero di cui qui vediamo la testata (consultabile integralmente online) è dell’11 luglio 1925, quindi successivo alla conclusione di One Big Union. Il periodico è ormai giunto al ventinovesimo anno di vita, a testimonianza di un forte radicamento fra i nostri connazionali trapiantati al di là dell’oceano.   «Il Proletario. Italian Weekly of the Industrial Workers of the World», XXIX, 1925, 11 luglio. Collocazione: FONDO FABBRI 2, n. 6  
immagine di The Industrial Worker (1909)
The Industrial Worker (1909)
I periodici pubblicati nelle lingue delle comunità immigrate, come «Il Proletario» che abbiamo appena visto, rappresentano solo una parte della strategia comunicativa degli wobblies, che si incarna in molteplici forme di cui Evangelisti dà ampiamente conto in One Big Union. Uno dei più importanti e diffusi periodici del sindacato è «The Industrial Worker» di Spokane, cittadina in cui gli IWW mettono in pratica una tattica di lotta quanto meno innovativa (siamo nel capitolo 23, Uno sull’altro). Si riversano in massa in quella città e uno dopo l’altro iniziano a tenere comizi sovversivi, contravvenendo al divieto di parlare in pubblico. La polizia deve così arrestare centinaia di persone, con la conseguenza che le prigioni di Spokane si riempiono in maniera insostenibile per la comunità. Le autorità locali devono così mettere in libertà gli “oratori” e contemporaneamente concedere il permesso di tenere comizi per evitare il ripetersi di situazioni come quella descritta. Su «The Industrial Worker» compaiono anche dei fumetti (se ne accenna a p. 559 del romanzo) che permettono di superare almeno in parte le barriere linguistiche e l’analfabetismo di molti operai. L’Archiginnasio non possiede numeri del periodico, ma vale la pena presentare alcune immagini tratte dal libro Gli I.W.W. e il Movimento Operaio Americano. Storia e documenti, 1905-14, a cura di Renato Musto (citato anche da Evangelisti nella bibliografia che chiude One Big Union). Qui vediamo due prime pagine del periodico, datate 25 marzo e 24 novembre 1909, che sono esemplificative di come fumetti e illustrazioni fossero uno strumento comunicativo fondamentale fra gli wobblies.   Immagini tratte da: Gli I.W.W. e il Movimento Operaio Americano. Storia e documenti, 1905-14, a cura di Renato Musto, Napoli, Thélème, copyr. 1975. Collocazione: C.P.P.L. 2446
immagine di IWW. Le canzoni di Joe Hill
IWW. Le canzoni di Joe Hill
Anche le canzoni sono veicolo fondamentale di diffusione delle idee e di sostegno nei momenti di lotta o difficoltà. Il libro curato da Musto ne presenta alcune, fra cui queste scritte da Joe Hill (alias Joseph Hillstrom), più volte citato da Evangelisti come cantore degli IWW e martire giustiziato dalle autorità per un delitto non commesso.   Immagini tratte da: Gli I.W.W. e il Movimento Operaio Americano. Storia e documenti, 1905-14, a cura di Renato Musto, Napoli, Thélème, copyr. 1975. Collocazione: C.P.P.L. 2446
immagine di IWW. The Structure of the industrial system
IWW. The Structure of the industrial system
Nel capitolo 15, intitolato I Want Whiskey, Coates, infiltratosi per la prima volta fra gli IWW, incontra in un bar padre Hagerty, uno dei primi leader del sindacato, nato da poco. Quest’ultimo gli mostra una copia del mensile «The Voice of Labor» su cui si trova la “ruota” che vediamo qui rappresentata. Di che cosa si tratti lo spiega lo stesso Hagerty:   «“Come potete vedere, si tratta della perfetta descrizione di un sindacato indutriale moderno. Più ancora: la ruota raffigura l’organizzazione di una futura società egualitaria, di cui il sindacato stesso si faccia governo e amministrazione”» (p. 431).   Come dice Elmer, anche lui infiltrato al pari di Coates, Hagerty è «tra i pochi ad avere un progetto chiaro» e la ruota lo testimonia. Ma la natura degli IWW sarà sempre refrattaria a seguire un progetto chiaro e Hagerty uscirà presto di scena. Nel centro della ruota si può vedere, pur se l’immagine è rovinata, il simbolo degli IWW, più volte richiamato da Evangelisti. Si noti infine che il titolo di questa immagine diventerà anche il titolo del romanzo di Evangelisti.   Immagine tratta da: Gli I.W.W. e il Movimento Operaio Americano. Storia e documenti, 1905-14, a cura di Renato Musto, Napoli, Thélème, copyr. 1975. Collocazione: C.P.P.L. 2446
immagine di I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946
I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946
Coates nel 1886 è a Sedalia e non partecipa a uno degli episodi più importanti delle lotte sindacali negli Stati Uniti, la repressione di una rivolta a Haymarket Place, Chicago. L’episodio viene rievocato nel capitolo 8:   «[Sam Dreyer] Alludeva a un episodio ben noto, accaduto a Chicago il 4 maggio 1886. Quel giorno, in Haymarket Place, la polizia aveva ucciso alcuni manifestanti che reclamavano le otto ore quale tempo massimo di lavoro. Mentre la folla defluiva, una bomba aveva ucciso un agente. Erano stati arrestati otto anarchici a caso, nessuno dei quali presente al momento dell’esplosione. Un processo truffaldino ne aveva condannati cinque a essere impiccati: uno di loro si era tolto la vita in carcere. La sentenza era stata eseguita l’11 novembre 1887, malgrado un coro universale di proteste. Chiaramente si trattava di un monito contro chi cercava di alterare il sistema democratico americano, fondato sul censo» (p. 362-363).   Nel 1946 il periodico anarchico «L’Aurora» pubblica un numero (integralmente consultabile online) dedicato a questo episodio e alle persone coinvolte. Le ultime due pagine di questo fascicolo concludono il numero su Gaetano Bresci che avevamo presentato nella gallery dedicata a Il Sole dell’Avvenire, quasi a suggellare una forte unità tematica esistente fra la trilogia americana e quella emiliano-romagnola.   I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946, Forlì, L'Aurora, 1946. Collocazione: 6. Scienze sociali. Miscellanea. V, 5
immagine di I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946
I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946
L’immagine rappresenta l’esecuzione dei quattro “colpevoli” superstiti della rivolta di Haymarket Place: Spies, Fischer, Engel e Parsons. Un quinto, come Evangelisti ci ha ricordato nella citazione appena letta, si era suicidato in carcere. In un’altra pagina del romanzo, in cui si elencano gli oratori che prendono la parola al congresso di fondazione degli Industrial Workers of the World del 1905, si trova un altro accenno ai fatti di Haymarket: «L’anarchica nera Lucy Parsons, vedova di uno degli impiccati di Haymarket, sostenne i diritti delle donne e delle minoranze di colore, con un’orazione appassionata che commosse gli astanti» (p. 430).   I martiri di Chicago. 11 novembre 1887 - 11 novembre 1946, Forlì, L'Aurora, 1946. Collocazione: 6. Scienze sociali. Miscellanea. V, 5
immagine di Il pane e le rose
Il pane e le rose
Nel 1912 Coates partecipa a un altro importante episodio delle lotte sindacali di inizio Novecento negli Stati Uniti, il cosiddetto “Sciopero del pane e delle rose” di Lawrence, Massachussettes. Siamo nel capitolo 26, Hold the Fort. Migliaia di donne sfilano in corteo reggendo «uno striscione su cui era scritto uno slogan inconsueto: VOGLIAMO IL PANE E LE ROSE» (p. 539). In quest’occaisone, nel consueto mescolarsi di eventi pubblici e privati, Bob ritrova Rosy dopo anni di ricerche. Quello che ci incuriosisce è che questo slogan verrà provocatoriamente scelto come titolo prima di una rivista torinese, poi di una collana dell’editore Savelli, uno degli editori più vicini ai movimenti della sinistra extraparlamentare in Italia tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso. La collana viene inaugurata da uno dei romanzi simbolo di quella generazione, Porci con le ali di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera (fondatori della rivista prima citata e che firmano quella prima edizione con gli pseudonimi Rocco e Antonia). Viene da pensare che uno scrittore come Evangelisti - che in quei movimenti aveva militato a lungo e che quindi ben conosceva la storia editoriale di Savelli e della collana - rievocando lo slogan e i fatti di Lawrence volesse anche costituire un ponte fra le lotte di allora e quelle a cui lui stesso aveva preso parte in prima persona. La copertina della prima edizione del romanzo, che qui vediamo, «una copertina che coglieva talmente bene lo spirito del libro da diventare un’icona» (si veda La Contropittura di Echaurren) è opera di Pablo Echaurren, l’artista per eccellenza dei “movimenti” di quel periodo.   Rocco e Antonia [i.e. Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera], Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti, Roma, Savelli, 1976. Collocazione: CAGLI E. 1
immagine di Giovanni Battista Pirolini, Un segnale d'allarme contro la "Mano Nera tedesca" in Italia (1917)
Giovanni Battista Pirolini, Un segnale d'allarme contro la "Mano Nera tedesca" in Italia (1917)
Abbiamo visto prima l’importanza degli immigrati italiani fra gli IWW. Abbiamo anche rilevato - citando la “sostituzione etnica” - come fosse attivo allora come oggi il meccanismo che porta alla creazione di “fantasie del complotto” (si veda Wu Ming 1, La Q di complotto. QAnon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema, in particolare il capitolo Creare concetti: cosa fa un complotto?, p. 133-149). L’alto numero di immigrati italiani genera a inizio Novecento l’ipotesi che dietro il loro arrivo si nasconda un’organizzazione criminale su vasta scala:   «Mentre tornavano al taxi, Bob commentò: “Abbiamo a che fare non con un sindacato, ma con una vera associazione a delinquere!”. Pensava alla società criminale, la Mano Nera, che sua sorella Mary Ann evocava sempre quando le agitazioni, come a Lawrence o a Paterson, coinvolgevano un buon numero di italiani» (p. 567).   Va ricordato che il terzo - nella cronologia della narrazione - romanzo della trilogia americana, Noi saremo tutto, vede come protagonista il gangster italo-americano Eddie Florio. Ma ogni paese ha la sua Mano Nera che aleggia sulla pace sociale interna. Questo opuscolo dimostra come anche in Italia, durante la Prima Guerra Mondiale, i nemici fossero investiti di capacità quasi soprannaturali di infiltrarsi nella società per destabilizzare gli equilibri attraverso atti criminali.   Giovan Battista Pirolini, Un segnale d'allarme contro la "Mano Nera tedesca" in Italia. Discorso pronunciato alla Camera il 20 dicembre 1917, [S.l., s.n., 1917?]. Collocazione: 12-GUERRA EUROPEA. 20, 6
immagine di Dashiell Hammett, L'istinto della caccia (1974)
Dashiell Hammett, L'istinto della caccia (1974)
La frase sulla Mano Nera che abbiamo riportato nell’immagine precedente è detta da Coates a un agente dell’agenzia Pinkerton destinato a diventare uno scrittore famoso: Dashiell Hammett. Quando Hammett si dimette, Sam Dreyer dice che non era all’altezza del lavoro di detective perché non si capiva da che parte stava e tendeva a giustificare troppo i «barboni» (p. 576). Dashiell Hammett: comunista nello stile è il titolo del saggio che Evangelisti dedica al padre fondatore del genere hard boiled e che è presente in Le strade di Alphaville (p. 263-267). Il suo personaggio più famoso, l’anonimo Continental Op, lavora per la Continental Detective Agency di San Francisco, che rimanda all’agenzia investigativa Pinkerton e quindi al precedente lavoro dello scrittore. La comparsa, seppur fugace, di Hammett fra i personaggi di One Big Union ci permette di introdurre un ultimo tema interessante - e particolarmente importante in Evangelisti, come già detto parlando di Le strade di Alphaville - cioè il ruolo dei testi (para)letterari e degli scrittori nella diffusione delle idee e nella costruzione e interpretazione della società. Non è un caso che nel capitolo 17 (Un rapimento) una delle raccomandazioni fatte a Bob dal reverendo John K. Stoker per “tenere a freno” la figlia Thelma, che già è stata costretta a lasciare gli studi, sia questa:   «“Sorveglia le sue letture. I libri di cui mi parli non possono aiutarla a diventare una brava sposa. Toglile quelli che ha. Io stesso, una volta alla settimana, ti darò qualche testo per distrarla e favorire una sana educazione. Verrà un giorno in cui te ne sarà grata”» (p. 445).     Dashiell Hammett, L'istinto della caccia, Milano, A. Mondadori, 1974. Collocazione: 35. A. 8044
immagine di Dashiell Hammett, L'istinto della caccia (1974)
Dashiell Hammett, L'istinto della caccia (1974)
Nella fotografia a sinistra Dashiell Hammett è insieme ad alcuni dei collaboratori della rivista «Black Mask», che fu fra gli anni Venti e Trenta del Novecento una delle riviste su cui nacque il noir nella sua versione americana. Si trattava di riviste di poco prezzo e altissima diffusione che insieme ai romanzi a fascicoli (citati a p. 417) contituiscono la lettura comune a persone di basso tasso di istruzione. Sono, quindi, paraletteratura, e ben sappiamo cosa questo significhi per Evangelisti. Una serie di romanzi a fascicoli era dedicata proprio all’agenzia Pinkerton per la quale Hammett aveva lavorato. Questa fotografia è tratta dal volume di cui abbiamo presentato la copertina nella pagina precedente, che raccoglie dieci racconti in gran parte pubblicati originariamente proprio su «Black Mask» e riuniti in volume per la prima negli Stati Uniti nel 1966 da Lillian Hellman, scrittrice teatrale e compagna di Hammett per lungo tempo. In Italia questa raccolta era uscita una prima volta nel 1967, sempre per Mondadori e con lo stesso titolo. Hammett era già celebre nel nostro paese per alcuni romanzi - primo fra tutti The Maltese Falcon reso famoso dal film di John Huston del 1941 - mentre questi racconti erano pressoché sconosciuti in quanto mai tradotti prima. Rispetto alla prima edizione italiana, in questa del 1974 vengono aggiunte alcune fotografie, fra le quali quelle mostrate qui. Entrambe le edizioni si aprono con l’interessante introduzione della Hellman intitolata Un amico, un certo Hammett e sono tradotte in italiano da un grande giallista, Attilio Veraldi. Infine segnaliamo che la copertina vista nell’immagine precedente, purtroppo rovinata nella copia giunta in Archiginnasio dopo un lungo “servizio” nelle biblioteche di pubblica lettura, è opera dell’illustratore Ferenc Pinter, uno dei “copertinisti” più importanti degli Oscar Mondadori.   Dashiell Hammett, L'istinto della caccia, Milano, A. Mondadori, 1974. Collocazione: 35. A. 8044
immagine di Il pulp in versione deluxe
Il pulp in versione deluxe
Una piccola osservazione paratestuale può forse dire qualcosa di utile se fatta reagire con il discorso portato avanti da Evangelisti sulla paraletteratura. I nomi che definiscono le riviste come «Black Mask» e i romanzi a fascicoli - pulp magazines e dime novels - testimoniano la scarsa qualità e, di conseguenza, il costo limitato di questi “oggetti editoriali”. Pulp fa riferimento al fatto che quelle riviste erano stampate su carta ottenuta dalla polpa dell’albero e quindi di qualità più scadente. Dime invece indica la moneta da 10 cent, il costo di ogni fascicolo, accessibile anche alle tasche degli strati sociali più bassi. La collana a cui appartiene il libro che vediamo in questa immagine “recupera” opere di autori spesso dimenticati che riempivano le pagine di pulp magazines e dime novels - come questo Robert Ervin Howard - ma le ripubblica in una edizione a tiratura limitata e numerata (l’esemplare posseduto da Archiginnasio è il n. 79), molto curata e, di conseguenza, costosa (39 euro). Lo stesso titolo della collana, D. Pulp Fiction Deluxe, accosta due termini fra loro in contraddizione, pulp - inteso nel senso detto sopra - e deluxe. Racconti nati per essere letti da un altissimo numero di persone e “consumati” velocemente, anche in senso fisico, diventano a un secolo di distanza un oggetto da collezione, da conservare più che da leggere, e tutt’altro che economico. Evangelisti in Le strade di Alphaville sottolinea che proprio nel momento in cui la paraletteratura ottiene il successo di critica di cui non aveva mai goduto, iniziano le difficoltà. Viene da pensare che operazioni come quella realizzata in questa collana siano uno dei tranelli da evitare per non cadere in una cristallizzazione di lusso del testo paraletterario.   Robert E. Howard, Kirby O'Donnell cacciatore di tesori, [Bologna], Providence press, 2018. Collocazione: ARPE-BO. B. 13644
immagine di Jack London, L'avventura (1929)
Jack London, L'avventura (1929)
Fra gli scrittori statunitensi “ribelli” a cavallo dei due secoli (si veda Maxwell Geismar, Ribelli e antenati, 1890-1915 : Frank Norris, Stephen Crane, Jack London, Ellen Glasgow, Theodore Dreiser, primo volume di Il romanzo in America) quello più citato in One Big Union, in quanto molto vicino agli ambienti del sindacalismo più rivoluzionario, è senza dubbio Jack London, di cui qui vediamo un ritratto fotografico.   Jack London, L’avventura. Romanzo, Milano, Bietti, stampa 1929. Collocazione: GORETTI A. 1408
immagine di Jack London, Il tallone di ferro (1928)
Jack London, Il tallone di ferro (1928)
Il tallone di ferro di London viene citato nel capitolo 20, La brigata delle tute nere (p. 479). Siamo nel 1908 ed è appena stato pubblicato. Nell’introduzione all’edizione che qui presentiamo, datata 1928, viene definito «romanzo di anticipazione o di previsione sociale».   Jack London, Il tallone di ferro, Milano, Monanni, 1928. Collocazione: GORETTI A. 1225
immagine di Theodor Dreiser, Nostra sorella Carrie (1952)
Theodor Dreiser, Nostra sorella Carrie (1952)
Abbiamo visto in apertura di gallery l’importanza che la crescita delle grandi città ricopre nello sviluppo della società americana a cavallo dei due secoli. Questo tema diventa centrale nelle opere di molti romanzieri, che lo affrontano non con la sistematicità della sociologia ma con la prospettiva della fiction che permette di gettare una luce alternativa e inusuale agli studi sull’inurbamento e sulla evoluzione della vita delle città (si veda il volume Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria di Gabriella Turnaturi per una riflessione sul tema). Uno dei grandi romanzi urbani del tempo è Sister Carrie di Theodore Dreiser (1900), ricordato in One Big Union fra gli scrittori simpatizzanti per il movimento radicale insieme al già citato London e ad Upton Sinclair. Quella che vediamo è la copertina della seconda edizione italiana, del 1952. La prima pubblicazione del romanzo nella nostra lingua si era avuta solamente l’anno prima.   Theodore Dreiser, Nostra Sorella Carrie, Torino, Einaudi, 1952. Collocazione: CONT. 343 / 19
immagine di Upton Sinclair, The Jungle (1951)
Upton Sinclair, The Jungle (1951)
John Fischer inizia l’introduzione a questa edizione del romanzo di Sinclair con queste parole: «The Jungle was designed as a weapon». Molto interessante anche la premessa con cui Sinclair introduce la sua stessa opera, raccontandone la travagliata genesi. Le pagine introduttive sia di Sinclair che di Fischer possono essere consultate online.   Upton Sinclair, The Jungle, New York, Harper & brothers, c1951. Collocazione: 34. B. 9641
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