Dov’è finito lo zio Coso
liberamente tratto dal romanzo “Lo zio Coso” di Alessandro Schwed
con Gianni Poliziani e Alessandro Waldergan
adattamento teatrale e regia Manfredi Rutelli
musiche originali eseguite dal vivo da Paolo Scatena
scenografia Riccardo Gargiulo
allestimento tecnico Fabio Barbetti
produzione LST Teatro
Storia apocalittica della memoria indifesa, del rischio dell'oblio e del revisionismo storico, vede i due protagonisti, il viaggiatore Melik ed il veterinario Oscar Rugyo, incontrarsi in uno scompartimento del treno che sta portando Melik in Ungheria, alla ricerca delle sue radici e di suo zio, fratello del padre recentemente scomparso. Un incontro comico, surreale e devastante, che porterà Melik ad apprendere da Oscar che la Seconda Guerra mondiale non c'è mai stata. Con relativa negazione di tutto ciò che da quell'evento è derivato: bombardamenti, deportazioni, morti.
Non uno spettacolo sull'olocausto o sulla shoah, ma sull'indispensabile esercizio della memoria, unico modo per salvarci dal precipizio, dall'abisso della dimenticanza, e riaffermare la presenza nella Storia, è l'estenuante, ossessivo e doloroso riportare alla luce ciò che qualcuno vorrebbe nascondere, oscurare, seppellire. Oggetti, parole, preghiere, strade, città, date. Nomi.
Un viaggio surreale e spietato nel negazionismo della Shoah: tra comicità e abisso, un grido contro l'oblio e per la difesa ostinata della Memoria.