Nozze
Arena del Sole | Stagione 2019/20
Nozze
di Elias Canetti
regia Lino Guanciale
scenografia a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
costumi Gianluca Sbicca
luci Tommaso Checcucci
con Rocco Ancarola, Gabriele Anzaldi, Simone Baroni, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
assistente alla regia Luca D’Arrigo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
nell’ambito del progetto Elias Canetti. Il secolo preso alla gola
Lino Guanciale approda per la prima volta alla regia, portando in scena per Emilia Romagna Teatro Fondazione il primo testo teatrale di Elias Canetti che, dietro al grottesco e apocalittico narrare degli odi e delle basse bramosie da condominio, prefigura la folle catastrofe dell’Europa nera dei nazionalismi tra le due guerre mondiali.
Il giovane Canetti, non ancora trentenne ma già capace di comporre Auto da fé, uno dei romanzi più significativi a cavallo fra le due guerre mondiali, osserva in Le nozze il paesaggio di rovine materiali e morali della civiltà europea alla vigilia della notte autocratica nazifascista. Novello Tristano di leopardiana memoria, Canetti punta il dito sul bassissimo orizzonte ideale delle magnifiche e progressive sorti e aspettative del mondo borghese, una realtà involuta la cui ossessione per il possesso come rifugio identitario condanna donne e uomini a un regresso valoriale irreversibile, il cui unico approdo sicuro è la catastrofe. Una grande lezione sulle conseguenze tragiche dell’estremismo conservatore, generatore di clausure mentali oltre che fisiche.
I personaggi coinvolti nella macabra danza de Le nozze, prigionieri dei loro ruoli sociali e della noia, schiavi dei propri istinti più bassi, mai illuminati da slanci intellettuali o etici, vivono esistenze vuote e asfittiche […] La sconfitta della civiltà occidentale, tanto raffinata quanto incapace di vincere la morte intesa come abbrutimento, contrazione e immiserimento della facoltà umana di crescere, conoscere e amare.
Obiettivo della regia sarà rispettare sia tale spietatezza che il registro della scrittura insieme tetra e lieve di Canetti, qui abilissimo nel non tradire mai il proprio furore giovanile, cercando una forma di traduzione scenica efficace di quella grande lucidità di sguardo à la maniere di Grosz o Otto Dix con cui egli giudica il proprio mondo indecentemente al tramonto.
Tutto questo in ossequio a quel principio, davvero prezioso ai giorni nostri, di responsabilizzazione del lettore, o mutatis mutandis dello spettatore, che ovunque campeggia nell’opera di Canetti…
Lino Guanciale
