
Berlinguer – La grande ambizione
(Italia/2024) di Andrea Segre (123') | Arena Puccini
Berlinguer – La grande ambizione
(Italia/2024) di Andrea Segre (123')
Incontro con lo sceneggiatore Marco Pettenello e il compositore delle musiche Iosonouncane
Enrico Berlinguer, figura storica del Pci, tenta assieme al suo partito di raggiungere un compromesso con la Democrazia Cristiana per 5 lunghi anni, scanditi da una lunga serie di eventi: attentati, campagne elettorali, casi di cronaca e assassini, tutto questo in un clima di estrema tensione dovuto alla guerra fredda.
David di Donatello 2025 a Elio Giordano come miglior attore protagonista; a Jacopo Quadri per il miglior montaggio.
“Il segretario del Pci, narrato in cinque anni cruciali della sua esistenza personale e politica, dal 1973 al 1978, fu certo tormentato dagli assilli: di trarre una lezione da quanto accaduto in Cile, di evitare una spaccatura sociale irrimediabile in Italia, di separarsi progressivamente dall’influenza occhiuta dell’Urss, di elaborare quello che avrebbe definito «compromesso storico», di rendere i comunisti italiani più sensibili ai temi delle libertà e dei diritti individuali, di far crescere la forza elettorale del Pci per contrattare l’ingresso nell’area di governo, di difendere la democrazia dal fanatismo criminale delle Brigate rosse, di scegliere la cosiddetta «strada della fermezza», certo opinabile, quando Moro fu rapito. […]
Berlinguer – La grande ambizione è un film, per giocare col titolo di conio gramsciano, sicuramente ambizioso, ma onesto, realizzato nel quarantennale della morte con l’idea di raccontare scelte, contraddizioni e ubbie morali di quell’atipico protagonista della storia italiana. Insomma, non un santino, benché Marcello Sorgi abbia da poco dato alle stampe un saggio intitolato «San Berlinguer. L’ultimo capo del popolo comunista». Quando morì, l’11 giugno del 1984, Berlinguer aveva solo 62 anni. Sembrava un uomo più anziano, benché così smunto e pieno di capelli. Elio Germano, specializzato in prove rischiose, penso al pittore matto Ligabue, all’attore Nino Manfredi, al mafioso Matteo Messina Denaro, si cala nei panni del «grigio funzionario» in punta di piedi; certo, aiutano il parrucchino, i completi beige un po’ sformati, lo stringersi nelle spalle e l’ingobbirsi, ma più che la somiglianza fisica è soprattutto il lavoro su quella voce inconfondibile, una lieve cadenza sarda cercata con cura, a rendere così vicino e «umano» il suo Berlinguer. «La nostra pazienza è illimitata, ma non passiva e inerte» scandisce in una sequenza (non dirò in che occasione) il segretario del Pci, citando Gramsci. Una frase che illumina bene il carattere dell’uomo.”
Michele Anselmi, Cinemonitor
David di Donatello 2025 a Elio Giordano come miglior attore protagonista; a Jacopo Quadri per il miglior montaggio.
“Il segretario del Pci, narrato in cinque anni cruciali della sua esistenza personale e politica, dal 1973 al 1978, fu certo tormentato dagli assilli: di trarre una lezione da quanto accaduto in Cile, di evitare una spaccatura sociale irrimediabile in Italia, di separarsi progressivamente dall’influenza occhiuta dell’Urss, di elaborare quello che avrebbe definito «compromesso storico», di rendere i comunisti italiani più sensibili ai temi delle libertà e dei diritti individuali, di far crescere la forza elettorale del Pci per contrattare l’ingresso nell’area di governo, di difendere la democrazia dal fanatismo criminale delle Brigate rosse, di scegliere la cosiddetta «strada della fermezza», certo opinabile, quando Moro fu rapito. […]
Berlinguer – La grande ambizione è un film, per giocare col titolo di conio gramsciano, sicuramente ambizioso, ma onesto, realizzato nel quarantennale della morte con l’idea di raccontare scelte, contraddizioni e ubbie morali di quell’atipico protagonista della storia italiana. Insomma, non un santino, benché Marcello Sorgi abbia da poco dato alle stampe un saggio intitolato «San Berlinguer. L’ultimo capo del popolo comunista». Quando morì, l’11 giugno del 1984, Berlinguer aveva solo 62 anni. Sembrava un uomo più anziano, benché così smunto e pieno di capelli. Elio Germano, specializzato in prove rischiose, penso al pittore matto Ligabue, all’attore Nino Manfredi, al mafioso Matteo Messina Denaro, si cala nei panni del «grigio funzionario» in punta di piedi; certo, aiutano il parrucchino, i completi beige un po’ sformati, lo stringersi nelle spalle e l’ingobbirsi, ma più che la somiglianza fisica è soprattutto il lavoro su quella voce inconfondibile, una lieve cadenza sarda cercata con cura, a rendere così vicino e «umano» il suo Berlinguer. «La nostra pazienza è illimitata, ma non passiva e inerte» scandisce in una sequenza (non dirò in che occasione) il segretario del Pci, citando Gramsci. Una frase che illumina bene il carattere dell’uomo.”
Michele Anselmi, Cinemonitor
Film in lingua italiana