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Comune di Bologna

Album "La stagione del pipistrello": immagini e documenti

La terza gallery del progetto Ombre sotto i portici è dedicata a La stagione del pipistrello, al momento l’ultimo romanzo uscito con protagonista Sarti Antonio, pubblicato nel 2022 dall’editore Mondadori.

L’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce a questa edizione.

La stagione del pipistrello può essere classificato all’interno del genere distopico: dal punto di vista temporale è collocato in un anno imprecisato del futuro prossimo e senza dubbio il mondo raccontato nelle sue pagine è tutt’altro che migliorato rispetto al presente. Il passaggio di una pandemia - “la stagione del pipistrello” è proprio il modo in cui viene identificato nel romanzo il periodo funestato dall’emergenza sanitaria - ha lasciato conseguenze anche peggiori di quelle che stiamo vivendo nella realtà del nostro presente. Macchiavelli in moltissimi suoi romanzi ha lamentato che «Bologna non è più quella di una volta». In questo romanzo l’affermazione va presa alla lettera: la Bologna raccontata è veramente qualcosa che ancora non possiamo conoscere, ma che potrebbe essere il nostro futuro.

I documenti presentati sono quasi interamente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato, la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

Come sempre ricordiamo che per rimanere aggiornati sull’attività di Macchiavelli e ricostruire la sua lunga carriera di romanziere si può consultare il sito a lui dedicato.

immagine di Loriano Macchiavelli, La stagione del pipistrello (2022)
Loriano Macchiavelli, La stagione del pipistrello (2022)
La stagione del pipistrello, di cui qui vediamo la copertina, è il primo - e finora unico - volume di una trilogia. Come ha raccontato partecipando al primo incontro del gruppo di lettura, Macchiavelli sta per conludere il secondo volume, di cui non ha però svelato né il titolo né la data d’uscita. Uno degli aspetti più interessanti del romanzo è - paradossalmente, visto che si svolge nel futuro - l’attenzione che viene data agli aspetti della storia passata di Bologna e sopratttutto alla loro “incarnazione” fisica, alle tracce che il corpo della città conserva di questo passato. Nelle vie - di terra o d’acqua - nelle piazze, nei palazzi e nelle case più umili. «La storia delle abitazioni è il paradigma della Storia dell’uomo», scrive Macchiavelli (p. 89), e l’affermazione la si può estendere anche agli altri elementi che modellano la topografia urbana. Seguiremo soprattutto questo filone nella nostra esplorazione del romanzo che, in questo caso più che in altri, sarà anche esplorazione di una storia, ideale e reale, percepita e concreta, di Bologna. Notiamo, sulla copertina, un dettaglio. Al titolo viene aggiunta l’indicazione (non riportata sul frontespizio): «con Sarti Antonio e la Compagnia della Malora». Oltre al sicuro intento promozionale - il richiamo al più conosciuto personaggio di Macchiavelli inserisce il libro in un preciso filone della sua scrittura - ci si può vedere anche un richiamo a una delle grandi passioni dello scrittore, il teatro. La squadra investigativa messa insieme da Sarti, più per caso che per progetto, assomiglia a una compagnia di attori, ognuno dei quali ha un proprio ruolo ben definito e utile sia alla risoluzione dei casi che al congegno narrativo.   Loriano Macchiavelli, La stagione del pipistrello, Milano, Mondadori, 2022 Collocazione: 17* AA 5484 Nelle biblioteche del Polo Bolognese il romanzo è disponibile anche in versione audiolibro e eBook.
immagine di Cartografia e vedute  - Bologna e territorio
Cartografia e vedute - Bologna e territorio
«Sarti Antonio, sergente, alla scrivania. Si appoggia allo schienale e fissa il muro che gli sta di fronte. Forse guarda la vecchia, ingiallita, stantia, ammuffita planimetria di una Bologna che non c’è più. E da tempo immemore. Nell’ufficio del questurino è rimasta la planimetria. A ricordargli chissà cosa» (p. 54).   L’immagine citata è un classico dei romanzi noir. Negli uffici della polizia è sempre appesa una mappa della città, sulla quale spesso gli investigatori segnano i punti in cui i crimini si sono verificati, o studiano i movimenti dei personaggi. Conoscere la città in cui si opera - la sua topografia fisica e quella sociale - è spesso nozione fondamentale per arrivare alla soluzione di un caso. In La stagione del pipistrello il concetto sembra affermato per contrasto: la carta è ormai vecchia e inservibile, non corrisponde più alla città reale e quindi non può essere di nessun aiuto alle indagini. Un’accentuazione di un atteggiamento nostalgico, che pervade tutta la produzione di Macchiavelli, ma non significa una resa. Anzi, tutto il romanzo è punteggiato di richiami alla storia urbana, di incisi che rallentano il racconto per dare notizie apparentemente inutili - lontane come sono nel tempo - ma che in realtà si rivelano fondamentali per costruire una nuova mappa di Bologna. Il narratore finge che «’sta storia [...] del Torresotto e di porta Genovese» non c’entri niente «con la triste vicenda della Biondina» (p. 59) ma è un inganno: il crimine raccontato e investigato nasce proprio dalle mutazioni registrate dal corpo - di nuovo, fisico e sociale - della città. Il narratore e Rosas fungono da coscienza di Sarti, esplicitano ciò che lui sente in maniera inconscia di fronte alla mappa ammuffita, l’importanza della geografia e della topografia nel racconto della storia di Bologna. E se si vuole approfondire questo rapporto prima tappa d’obbligo è la banca dati delle carte e mappe del territorio bolognese possedute dall’Archiginnasio, digitalizzate e rese disponibili online. Grazie alla nuova biblioteca digitale ARBOR - Archiginnasio Bologna Online Resources questi documenti sono oggi consultabili con il protocollo IIIF (International Image Interoperability Framework) che permette una visualizzazione ad altissima qualità e la condivisione delle immagini fra diverse piattaforme. La raccolta è divisa in due sezioni, una dedicata alle carte e mappe della città, l’altra al territorio circostante. Consulta la banca dati Cartografia e vedute - Bologna e territorio.
immagine di Giuseppe Guidicini, Cose notabili della città di Bologna (1868-1873)
Giuseppe Guidicini, Cose notabili della città di Bologna (1868-1873)
Il nostro gruppo di lettura ha già incontrato Giuseppe Guidicini nella gallery che lo scorso anno abbiamo dedicato a Gli anni del coltello di Valerio Evangelisti. Studioso della storia di Bologna, Guidicini ha lasciato molte opere manoscritte che sono poi state stampate dopo la sua morte a cura del figlio Ferdinando. Uno dei suoi lavori più stupefacenti è sicuramente l’opera in cinque volumi - uno in più di quelli inizialmente progettati e dichiarati nel frontespizio del primo, che vediamo in questa immagine - Cose notabili della città di Bologna, ossia Storia cronologica de' suoi stabili sacri, pubblici e privati, pubblicata fra il 1868 e il 1873. Guidicini percorre la città via dopo via, descrivendo la topografia urbana con un altissimo livello di dettaglio, quasi casa per casa. Degli stabili più importanti offre anche un approfondimento storico sui diversi proprietari che si sono succeduti e sugli eventi storici o cronachistici che vi si sono svolti. Viene spontaneo il parallelo con alcune pagine del libro di Macchiavelli, quelle in cui alcune vie sono descritte con attenzione non solo alla loro fisicità ma anche alla loro evoluzione storica, spesso testimoniata dal nome stesso della via. Gli esempi da fare potrebbero essere molti, ne vedremo qualcuno particolarmente interessante nelle prossime immagini, leggendo parallelamente il romanzo e l’opera di Guidicini. Va ricordato che oggi i cinque volumi delle Cose notabili possono essere integralmente consultati sul sito Origine di Bologna. Vie, strade, vicoli, piazze, luoghi di Bologna, che offre anche molta altra documentazione sul tema e una comoda e interessante mappa interattiva. Il sito è curato da Carlo Pelagalli, che recentemente ha pubblicato anche un’opera in quattro volumi ugualmente intitolata Origine di Bologna.   Giuseppe Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, ossia Storia cronologica de' suoi stabili sacri, pubblici e privati, pubblicata dal figlio Ferdinando e dedicata al Municipio di Bologna, Bologna, Tipografia delle Scienze di G. Vitali, 1868-1873. Collocazione: EX CONS. C 283 / 1-5
immagine di Via Begatto
Via Begatto
Della via Begatto Macchiavelli dà una breve descrizione, topografica ed etimologica, in quanto vi si svolge una importante scena del romanzo. I protagonisti risalgono «il vicolo senza accorgersi di essere immersi nella storia» (p. 261), ma il narratore ha invece piena coscienza di dove si trova e del significato che questa zona ha nella topografia storica della città e, come spesso accade in questo più ancora che in altri romanzi di Macchiavelli, si prende il suo tempo per un inciso:   «Il capo non risponde. Si alza e prende vicolo Begatto. È uno dei più antichi e suggestivi vicoli del centro storico, a cominciare dall’origine del toponimo, che deriverebbe dal suo snodarsi a lombrico, bigàt in dialetto, da San Vitale a Strada Maggiore. Qui si trova il portico più basso della città e lungo lo sviluppo del lombrico si fondono armoniosamente povere abitazioni con nobili e ricchi palazzi. Entrambe le tipologie vengono dai secoli andati. Un palazzo, in particolare, arriva dalla fine del Quattrocento e ancora mostra orgogliosamente la sua spledida struttura di legno nel porticato e nei piani superiori. Un’intelaiatura di enormi travature che oggi sarebbero l’orgoglio di qualsiasi carpentiere» (p. 260-261).   L’immagine che presentiamo (e che qui potete vedere a una migliore risoluzione) è lo schizzo che Guidicini disegnò di via Begatto (o Begato, o Bigado, come lui la chiama in diversi punti dei suoi scritti). Qui potete invece leggere la descrizione che ne dà nel primo volume delle sue Cose notabili. Il manoscritto originale dell’opera infatti riportava anche gli schizzi topografici, di mano dell’autore stesso, utilizzati come guida per la stesura del testo. Il figlio Ferdinando non li pubblicò quando diede alle stampe l’opera e nemmeno lo fece Luigi Breventani nel suo Supplemento alle Cose notabili di Bologna e alla Miscellanea storico-patria di Giuseppe Guidicini (testo del 1908, indispensabile per una più agile consultazione dei cinque volumi di Guidicini). Gli schizzi sono stati pubblicati solamente nel 2000 - a cura di Mario Fanti, ex bibliotecario dell’Archiginnasio - e offrono un ulteriore e utilissimo approfondimento alla comprensione del lavoro di Guidicini. La via Begatto è solo un esempio scelto fra i tanti su cui avremmo potuto soffermarci. Sarebbe un esercizio curioso e interessante estrapolare dal romanzo (e da altri di Macchiavelli) le numerose digressioni storico-topografiche per andarle a comparare con le pagine ottocentesche delle Cose notabili.   Gli schizzi topografici originali di Giuseppe Guidicini per le Cose notabili della città di Bologna, a cura di Mario Fanti, Bologna, A. Forni, 2000. Collocazione: CONS. BIOGRAFIE 7-24 / 2
immagine di Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1870)
Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1870)
Giuseppe Guidicini scrisse anche un breve testo sul Palazzo dell’Archiginnasio, anche questo pubblicato postumo grazie alla cura del figlio Ferdinando. La prima edizione di questo scritto uscì nel 1870. Vediamo qui il frontespizio di uno degli esemplari dell’opera posseduto dall’Archiginnasio, in cui compare la firma di Gaetano Bussolari, che ne era il possessore (il fondo librario e il fondo archivistico di Bussolari sono giunti in Archiginnasio nel 1948 per suo lascito testamentario). Il testo di Guidicini era preceduto da un’introduzione in cui il famoso romanziere Francesco Domenico Guerrazzi ne lodava l’opera di storico e celebrava la pubblicazione della sue Cose notabili, che era in corso proprio in quegli anni. L’opuscolo può essere letto integralmente online.   Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna, preceduta da un discorso di Francesco Domenico Guerrazzi, Bologna, Società Tipografica dei Compositori, 1870. Collocazione: BUSSOLARI. Busta J. 9
immagine di Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1871)
Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1871)
Nel 1871 Ferdinando Guidicini diede alle stampe una nuova edizione del testo scritto dal padre sul Palazzo dell’Archiginnasio, in cui l’introduzione di Guerrazzi venne sostituita da un testo (accompagnato da lettere e documenti) dedicato, come vediamo dal sottotitolo sulla copertina, a una canna palustre finemente intarsiata che era appartenuta a due papi, Urbano VIII e il bolognese Benedetto XIV Lambertini. Lo stesso Ferdinando all’inizio del testo afferma che sembrerà strano premettere uno scritto di questo tipo alla monografia sull’Archiginnasio, ma giustifica la scelta non solo per il pregio dei lavori di intarsio che decorano questa canna palustre, ma anche e soprattutto perchè questa è appartenuta a una gloria della città come Lambertini, degno di stare al pari con un simbolo di Bologna come il Palazzo dell’Archiginnasio. Il testo introduttivo è firmato da Gaetano Giordani, ispettore dell'Accademia di Belle Arti di Bologna, di cui la Biblioteca possiede il fondo archivistico e che all’Archiginnasio donò numerosi libri antichi. Fra questi si trovano numerose cinquecentine che raccontano, tramite componimenti letterari, la vita delle donne in quel periodo.  La copertina e il suo retro (anche questa edizione dell’opuscolo può essere letta online) ci dicono anche che questo esemplare dell’opera - uno dei molti posseduti dalla biblioteca - venne donato all’onorevole Marco Minghetti, che poi lo donò a sua volta all’Archiginnasio.   Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna, preceduta dalla Descrizione di una canna palustre già appartenente ai due sommi pont. Urbano 8. Barberini e Benedetto 14. Lambertini, Bologna, Soc. tip. dei Compositori, 1871. Collocazione: 17-SC.LETT. ARCHIGINNAS. F, 028
immagine di Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1871)
Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna (1871)
Una particolarità dell’esemplare della Monografia sull’Archiginnasio di Bologna appartenuto a Marco Minghetti è la presenza di questa fotografia, che non si trova invece negli altri esemplari posseduti dalla Biblioteca. Si tratta sicuramente di una aggiunta successiva dal momento che la foto è datata 26 settembre 1906.   Cliccare qui per vedere l’immagine a una migliore risoluzione. Giuseppe Guidicini, Monografia sull'Archiginnasio di Bologna, preceduta dalla Descrizione di una canna palustre già appartenente ai due sommi pont. Urbano 8. Barberini e Benedetto 14. Lambertini, Bologna, Soc. tip. dei Compositori, 1871. Collocazione: 17-SC.LETT. ARCHIGINNAS. F, 028   
immagine di Giuseppe Guidicini, Casa Sampieri
Giuseppe Guidicini, Casa Sampieri
Nel romanzo il palazzo Sampieri è uno dei luoghi centrali:   «Il palazzo Sampieri è piantato in strada Maggiore al numero 24. Non so oggi, ma un tempo era completato da numerose opere d’arte che la famiglia Sampieri vi aveva accumulato nel corso dei secoli. E di tempo per farlo ne ha avuto: dal 1200 al 1916, anno nel quale se ne andò la gentil Carolina, figlia di Francesco Giovanni, ultimo della famiglia Sampieri» (p. 90).   Il testo che qui vediamo (cliccare qui per leggerlo a una migliore risoluzione) è quello che Guidicini dedica al palazzo. I Sampieri sono stati una delle famiglie più importanti di Bologna per secoli e il loro palazzo di città è stato luogo di potere oltre che meta privilegiata degli amanti dell’arte, essendovi conservati capolavori dei Carracci e di altri pittori (si veda L'Ercole trionfante. I tre Carracci a Casa Sampieri di Eugenio Riccomini). Ancora oggi l’edificio è meta turistica, mentre in La stagione del pipistrello ha decisamente perso questa funzione dal momento che è diventata la sede dell’industria farmaceutica Weltweit Wirksam, che si configura come il centro nevralgico dell’intrigo criminale in cui è rimasta invischiata la Biondina e su cui indaga la Compagnia della Malora (oltre che centro politico della destra nazista che sta prendendo il potere). La Weltweit si è arricchita durante l’epidemia che ha funestato gli anni precedenti a quelli in cui si svolge la vicenda, vendendo a peso d’oro vaccini inefficaci. Il potere di un’antica famiglia senatoria che per secoli ha goduto dei privilegi del denaro e del prestigio si è trasformato nel potere esercitato da un’industria che ha lucrato sulla salute dei cittadini in occasione di un’emergenza: la sensazione è che per Macchiavelli le due cose siano in continuità più di quanto si possa pensare. E il palazzo sta lì a dimostrarlo con la sua architettura, con i sotterranei in cui si nasconde un centro-benessere equivoco, con i giardini interni «che non si vedono dalle strade» e che si «godono in pochi». Una parte della città rimane nascosta, invisibile, ed è in questa zona - oscura anche se illuminata dal luccichio della ricchezza - che si tramano le vicende criminali più importanti e significative. Questa visione della città, di una topografia e un’architettura che nascondono un lato oscuro proprio là dove si manifesta il potere, è diventata - in gran parte proprio grazie allo stesso Macchiavelli - un topos dei romanzi noir bolognesi, che poi si riverbera anche nel racconto dei casi criminali realmente verificatisi in città. Basti vedere le pagine in cui Carlo Lucarelli descrive Bologna (p. 24-27) quando parla del caso Alinovi in Mistero in blu. Ma torneremo alla Bologna nascosta e sotterranea. Nelle prossime immagini ci soffermeremo invece sulla famiglia Sampieri, il cui archivio è conservato in Archiginnasio.   Giuseppe Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, ossia Storia cronologica de' suoi stabili sacri, pubblici e privati. Vol. 3, Bologna, Tipografia delle Scienze di G. Vitali, 1870. Collocazione: EX CONS. C 283 / 3
immagine di Mostra  - Dai Sampieri ai Talon (2015-2016)
Mostra - Dai Sampieri ai Talon (2015-2016)
Nel 2014 la Biblioteca dell’Archiginnasio ha ricevuto in dono il fondo archivistico Talon Sampieri, in cui sono conservati i documenti della famiglia Sampieri e della famiglia Talon. Leggiamo l’introduzione alla descrizione del fondo che chiarisce il legame fra le due famiglie:   «Documentazione prodotta dalla famiglia senatoria bolognese Sampieri e dalla famiglia Talon, proveniente dalla Francia e divenuta erede dei beni della prima per matrimonio. Dal 1932 i Talon ebbero il diritto di aggiungere al loro cognome quello dei Sampieri».   Come testimoniano l’albero genealogico della famiglia Sampieri e quello dei Talon, il matrimonio che sancisce il legame fra le due famiglie è quello fra Denis Talon e Carolina Sampieri, figlia di Francesco Giovanni, citati dallo stesso Macchiavelli nel brano riportato nell’immagine precedente. Il ricchissimo fondo Talon Sampieri ha portato all’allestimento di due mostre documentarie. Della prima di queste - intitolata Dai Sampieri ai Talon. Tradizioni famigliari e collezionismo e tenutasi fra il 2015 e il 2016 - vediamo qui il manifesto. Faremo di seguito solo alcuni esempi per testimoniare la ricchezza e la varietà delle tipogie di documenti presenti nel fondo e, in minima parte, presentati nella mostra, invitandovi ad approfondire la scoperta di questo tesoro consultandone la versione online.
immagine di Stemmi della famiglia Sampieri (XVII secolo)
Stemmi della famiglia Sampieri (XVII secolo)
Cliccare qui per vedere l’immagine a una migliore risoluzione. Stemmi della famiglia Sampieri e delle famiglie a cui appartenevano le ascendenti materne e paterne per la definizione dei quarti di nobiltà di Filippo Carlo Sampieri, XVII secolo, disegno acquerellato. Collocazione: Fondo speciale Talon Sampieri, B.365
immagine di Ritratto di Francesco Sampieri
Ritratto di Francesco Sampieri
Macchiavelli cita Francesco Sampieri (1790-1863) come padre di Carolina, ultima rappresentante della famiglia.   Cliccare qui per vedere l’immagine a una migliore risoluzione. Sampieri Francesco (1790 - 1863) Collocazione: GDS, Collezione dei ritratti, Cartone 51, Fascicolo 54, Carta 1
immagine di Composizione poetica per la nascita di Carolina Sampieri
Composizione poetica per la nascita di Carolina Sampieri
Carolina Sampieri nasce nel 1829 da Francesco Giovanni e Anna de Gregorio Squillace. Come era consuetudine per gli eventi importanti che segnavano la vita delle famiglie senatorie, in quell’occasione viene composta questa ode. Come si può leggere, venne donata alla famiglia - e in particolare alla madre Anna visto che fin dal titolo si celebra il parto più che la nascita - “In attestato di sincera commozione e giubilo” dagli impiegati dell’Amministrazione Comunale di Bologna. Si tratta quindi di un vero e proprio omaggio della città.   Pel felicissimo parto di sua Eccellenza la Nobil Donna Marchesa Anna Sampieri nata De Gregorio seguito ai 10 di Settembre 1829. Ode Collocazione: Fondo speciale Talon Sampieri, B.371, fasc. 53
immagine di Preventivo di spesa per la costruzione della Galleria (1744)
Preventivo di spesa per la costruzione della Galleria (1744)
Come abbiamo detto in precedenza, Casa Sampieri custodisce alcuni capolavori artistici di grandissimo valore. La famiglia in alcuni casi modificò l’architettura dell’edificio proprio per creare gli ambienti più idonei ad ospitare opere d’arte. In questa immagine, come ci informa la didascalia della mostra, vediamo il preventivo redatto nel 1744 dall’architetto Giuseppe Antonio Ambrosi per costruire «la nuova galeria nel piano nobile superiore verso la parte del giardino nel Palazzo di Sua Eccellenza signor Commendatore Valerio Sampieri». Come esemplifica questo documento, il fondo Talon Sampieri contiene anche moltissima documentazione di tipo economico che testimonia le spese eccezionali ma anche quelle più usuali delle due famiglie.   Collocazione: Fondo speciale Talon Sampieri, B.61, fasc. 83
immagine di Annibale Carracci - Carlo Pisarri, Encelado fulminato
Annibale Carracci - Carlo Pisarri, Encelado fulminato
Una delle opere di Annibale Carracci presenti a Casa Sampieri riprodotta in un’incisione settecentesca di Carlo Antonio Pisarri.   Cliccare qui per vedere l’immagine a una migliore risoluzione. Carlo Antonio Pisarri, Encelado fulminato di Annibale Carracci nel Palazzo dè Sampieri di Strada Maggiore, acquaforte, in Carlo Antonio Pisarri, Raccolta de’ Cammini che si ritrovano in varie case nobili di Bologna dipinti da Lodovico, d’Annibale, e d’Agostino Carracci, Bologna, Ferdinando Pisarri, [1740-1750] GDS, Raccolta stampe di autori vari, cart. XXII, n. 96
immagine di La Galleria di Casa Sampieri descritta nel 1795
La Galleria di Casa Sampieri descritta nel 1795
La collezione di opere d’arte di Casa Sampieri entra di diritto in tutte le guide artistiche bolognesi e non solo. L’opuscolo di cui qui proponiamo il frontespizio, datato 1795, è specificamente dedicato a descrivere nei dettagli la Galleria di Casa Sampieri. Come vediamo si tratta in realtà di un doppio frontespizio, italiano e francese, a testimonianza di come la collezione Sampieri suscitasse anche l’interesse di un pubblico internazionale.   L’opera può essere letta integralmente online. Descrizione italiana e francese di tutto ciò, che si contiene nella Galleria del sig. marchese senatore Luigi Sampieri capitano della Porta, Bologna, Stamperia di S. Tommaso d'Aquino, 1795. Collocazione: 17-ARTISTICA D 02, 037
immagine di Mostra - L'abbazia di Santa Lucia di Roffeno e l'Archiginnasio (2016-2017)
Mostra - L'abbazia di Santa Lucia di Roffeno e l'Archiginnasio (2016-2017)
Abbiamo detto in precedenza che la donazione all’Archiginnasio del fondo archivistico Talon Sampieri è stata valorizzata con l’allestimento di due mostre documentarie. La seconda mostra, di cui vediamo il manifesto, si concentrava sul fondo archivistico dell’Abbazia di Santa Lucia di Roffeno, a sua volta compreso nel fondo Talon Sampieri. Il titolo della mostra era L’Abbazia di Santa Lucia di Roffeno e l’Archiginnasio. Pergamene dal fondo Talon Sampieri per la storia di Bologna e della sua montagna e venne allestita in Archiginnasio fra il 2016 e il 2017. Trascriviamo la presentazione della mostra invitandovi a un’approfondita visita della sua versione online.   La mostra intende far conoscere e valorizzare il fondo archivistico relativo all’abbazia di Santa Lucia di Roffeno (con documenti fra il 1060 e il 1712) che fa parte del fondo speciale Talon Sampieri. Questo ingente fondo archivistico è stato donato alla Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio dagli attuali esponenti della famiglia Talon Sampieri nella primavera del 2014 e permette di ricostruire la storia delle due famiglie dal Medioevo fino al Novecento. Le pergamene dell’abbazia di Santa Lucia esposte nella mostra trattano diversi argomenti e aspetti della vita di una comunità monastica medievale e ci permettono oggi di mettere in risalto il ruolo e l’importanza di questa abbazia nella storia della montagna  bolognese.I temi trattati sono: la collocazione dell’abbazia nella montagna fra Bologna, Modena e Pistoia; l’abbazia sulla via Cassiola, in comunicazione con Bologna, Modena, Pistoia, Lucca; Santa Lucia nei rapporti con l’abbazia di San Silvestro di Nonantola, con la Chiesa e con la città di Bologna. Si esamina il rapporto fra Santa Lucia e la società della montagna fra Modena e Bologna, in particolare i nobili del Frignano, i conti di Panico e i loro consorti, gli abitanti delle vallate vicine e le chiese dipendenti. Infine viene esemplificata l’economia di un monastero montano.
immagine di Bando e prohibitione del molestare, ouero fare ingiuria agli Hebrei - Sisto V, 3 novembre 1588
Bando e prohibitione del molestare, ouero fare ingiuria agli Hebrei - Sisto V, 3 novembre 1588
In diversi punti Macchiavelli ribadisce il concetto che stiamo seguendo nel ripercorrere il romanzo:   «Per conoscere la storia meno nota di una città, quella che non si trova nei libri dei saggi che la scrivono, si dovrebbe frugare nella vita passata delle sue strade e dei suoi palazzi» (p. 156).   Uno dei pezzi di città che raccontano questa storia nascosta è il ghetto ebraico di Bologna, su cui lo scrittore si sofferma nelle pagine succesive alla frase citata. Lo stesso Sarti vive in una delle stradine del ghetto. La storia degli ebrei bolognesi è fatta anche dal loro forzato entrare e uscire dalla città. Macchiavelli cita in particolare il bando che qui vediamo, datato 3 novembre 1588, esempio non frequente di un momento in cui il papa, nello specifico Sisto V, aveva dimostrato quella Christiana pietas che lo stesso pontefice aveva posto all’inizio di un bolla emanata due anni prima in cui riammetteva la popolazione giudaica all’interno delle città e permetteva loro di vivere al dfi fuori del ghetto. Ma, aggiunge poco dopo lo scrittore, «qualche anno dopo, in spregio degli accordi e anche se la firma sul bando era di un papa, gli Hebrei furono di nuovo cacciati in massa dalla città» (p. 161). Tutto il Cinquecento è punteggiato da bolle papali che si occupano di stabilire se gli ebrei possano vivere in città e in quale parte di essa. Elenchiamo le più importanti: Cum nimis absurdum - Bolla di Paolo IV, 14 luglio 1555: oltre a sancire l’obbligo per gli ebrei di portare un segno distintivo, stabilisce che nelle città debbano essere costruiti appositi ghetti entro i quali essi possono vivere. Porta alla nascita fra gli altri del ghetto di Roma. Hebraeorum gens - Bolla di Pio V, 26 febbraio 1569: dopo che Pio IV, successore di Paolo IV, aveva cercato di mitigare l’asprezza del suo predecessore - e suo nemico - verso gli ebrei, Pio V riprende la persecuzione antigiudaica, decretando con questa bolla la loro espulsione da tutte le città dello Stato Pontificio, esclusi quelli che vivono nei ghetti di Roma e Ancona. Christiana pietas - Bolla di Sisto V, 22 ottobre 1586: l’abbiamo citata sopra, non solo gli ebrei vengono riammessi in città ma non sono neanche più costretti a vivere nei ghetti. Caeca et obdurata - Bolla di Clemente VIII, 25 febbraio 1593: il triste epilogo della politica antiebraica dei papi del XVI secolo riporta la situazione alla bolla di Pio V del 1569, gli ebrei vengono cacciati dalle città dello Stato, ad esclusione di quelli che vivono nei ghetti di Roma e Ancona. Sulla situazione degli ebrei bolognesi nel Cinquecento si veda Verso l'epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli. Le bolle citate sono tratte dal Magnum bullarium Romanum, a beato Leone Magno usque ad S.D.N. Benedictum 13.   Bando e prohibitione del molestare, ouero fare ingiuria agli Hebrei, Bologna, 3 novembre 1588. Collocaizone: Bandi Merlani, II, c. 70
immagine di Progetto per la riqualificazione dell'ex ghetto ebraico in Bologna
Progetto per la riqualificazione dell'ex ghetto ebraico in Bologna
Nel romanzo «il ghetto ebraico è diventato la parte di Bologna peggio illuminata» (p. 156) e non è la prima volta nella storia, come possiamo immaginare visto quanto detto nell’immagine precedente. Sarti Antonio però ci vive bene, forse in sintonia con la sua natura di outsider, quasi di emarginato e perseguitato. Il ghetto ebraico è stato però anche oggetto di progetti urbanistici di riqualificazione, il più importante dei quali, almeno negli ultimi decenni, è stato realizzato negli anni Novanta del secolo scorso. L’immagine che qui vediamo è proprio la mappa di questo progetto.   Il ghetto. Bologna, storia e rinascita di un luogo, a cura di Sergio Vincenzi, Bologna, Grafis, 1993. Collocazione: 17* DD 51
immagine di Loriano Macchiavelli, Cos'è accaduto alla signora perbene?  (1979, 2006)
Loriano Macchiavelli, Cos'è accaduto alla signora perbene? (1979, 2006)
In La stagione del pipistrello Macchiavelli costruisce un’interessante architettura narrativa che ingloba brani di alcuni suoi romanzi precedenti, quasi a sottolineare la permanenza di alcune tematiche e, forse, ad affermare che alcune previsioni si sono realizzate, dal momento che quei testi ormai datati possono essere ancora riutilizzati in un romanzo che si svolge, addirittura, nel futuro. Accade così che un romanzo del 1979, Cos’è accaduto alla signora perbene?, faccia capolino fra le pagine di questo nuovo testo fra le mani di Settepaltò, uno dei personaggi storici delle storie di Sarti Antonio. Il questurino chiede all’amico:   «“Cosa stai leggendo Sette?” Settepaltò fa una pieghina nell’angolo della pagina, chiude il volume, si alza a sedere e mostra la copertina. Il titolo: Cos’è accaduto alla signora perbene. Dice: “Una storia tua. Mi piace Dido”» (p. 343).   Il piano metanarrativo - Sarti sa di essere protagonista di una serie di romanzi - meriterebbe un approfondimento troppo complesso per questa sede. Rileviamo solo che questo dialogo è un’anticipazione di ciò che accadrà più avanti. Anzi, ciò che succede nelle pagine successive dipende proprio da questo dialogo. Le parole di Sette infatti suggeriscono al questurino la mossa successiva: nascondersi insieme alla Biondina nel piccolo paese di montagna in cui abita Dido e in cui si era già ritirato nel romanzo che il personaggio sta leggendo. Ma Macchiavelli va oltre, non si limita a citare un suo romanzo precedente o a ripeterne alcune vicende ma inserisce nel testo nuovo pagine di quello vecchio. Il capitolo 41 di La stagione del pipistrello (p. 356-360) è la fedele trascrizione della prima parte del capitolo 13 di Cos’è accaduto alla signora perbene?, significativamente intitolato Un po’ di pace. Una curiosità relativa a questo romanzo. Abbiamo detto che è uscito nelle librerie per la prima volta nel 1979, ma non come pubblicazione autonoma, bensì all’interno (p. 363-485) di una raccolta, Sarti Antonio un questurino e una città, che comprende altre storie più o meno lunghe - Fiori alla memoria (p. 1-104), Ombre sotto i portici (p. 105-218) e Sui colli all’alba (p. 219-361) - inframmezzate da Conversazioni perimetrali che saranno poi eliminate in edizioni successive. I quattro romanzi brevi infatti verranno poi pubblicati autonomamente in seguito. Nel 2006 è il turno del romanzo che sta leggendo Settepaltò, che esce in libreria nell’edizione Einaudi di cui qui vediamo la copertina. Si nota però una piccola differenza: il titolo perde il punto interrogativo e diventa Cos’è accaduto alla signora perbene. Ad abbozzare un’interpretazione di questa minima modifica - ricordando che la “signora perbene” del titolo altri non è che la città di Bologna - si potrebbe pensare che lo stupore che si provava nel 1979 di fronte alla crisi in cui, a detta dell’autore, si dibatteva il capoluogo emiliano dopo essere stata additata come “isola felice” nei decenni successivi, si è trasformato nella triste constatazione di una condizione che nel 2006 non è più da interrogare e discutere ma da affermare in maniera quasi perentoria.   Loriano Macchiavelli, Cos’è accaduto alla signora perbene, Torino, Einaudi, 2006. Collocazione: 17* AA 947
immagine di Loriano Macchiavelli, I sotterranei di Bologna (2022)
Loriano Macchiavelli, I sotterranei di Bologna (2022)
Parlando di Casa Sampieri abbiamto rilevato il topos tipicamente noir del lato oscuro della città, spesso incarnato da specifici elementi architetturali o topografici come i giardini interni dei palazzi nobiliari o le parti sotterranee di quegli stessi edifici. Visto quanto detto prima della tendenza autocitazionista e metanarrativa che Macchiavelli porta all’estremo in La stagione del pipistrello, non ci sorprende che relativamente a questa tematica l’autore vada a ripescare un suo romanzo del 2002 che ha come titolo proprio I sotterranei di Bologna e in cui Sarti deve, letteralmente e fisicamente, esplorare le viscere della città per arrivare alla soluzione del caso. Non sveleremo i segreti che scopre in quel testo, invitandovi a leggerlo. Tornando a La stagione del pipistrello, rileviamo che anche in questo caso l’autore in ben due passi del romanzo (p. 97-100 e p. 198-199) riporta alcune pagine tratte dal testo di 20 anni fa, mettendo un ulteriore tassello all’idea che tutta la sua produzione vada letta come un’architettura narrativa che ha richiami interni che vanno colti - anche quando non esplicitati in maniera così lampante - per costruire un significato più profondo, che vada oltre la singola pubblicazione.   Loriano Macchiavelli, I sotterranei di Bologna, Milano, Mondadori, 2002. Collocazione: 35. B. 15546
immagine di Andamento del Canale di Reno entro le mura (sec. XVIII)
Andamento del Canale di Reno entro le mura (sec. XVIII)
Uno degli aspetti particolari delle viscere di Bologna è la presenza di numerosi canali che in realtà fino a pochi decenni fa, prima di essere “tombati”, erano perfettamente visibili e non avrebbero potuto fornire a Macchiavelli una concretizzazione fisica di quella metafora del lato oscuro della città su cui si basano molte delle sue trame. Da qualche tempo questi corsi d’acqua sotterranei sono stati riscoperti e sono divenuti anche meta turistica. Ancora più di recente si è iniziato a parlare di riportare alla luce il tratto del canale di Reno che scorre sotto l’asfalto di via Riva di Reno, approfittando dei lavori in partenza per la nuova linea del tram. I canali, pur oggi difficilmente visibili passeggiando per la città, sono stati storicamente un elemento così caratteristico della topografia bolognese che anche nella pianta disegnata da Otto Gabos per illustrate Come cavare un ragno dal buco, e che abbiamo scelto come immagine simbolo del nostro percorso di lettura, le vie d’acqua sono i tratti più evidenti e caratteristici. Spicca in particolare il canale di Reno. In La stagione del pipistrello le vie d’acqua bolognesi assumono visibilità fin da quando, nelle prime pagine, Sarti e Rosas trovano il corpo martoriato della Biondina abbandonato proprio sulle rive del canale sopra citato. Nel settimo capitolo poi gli agenti scoprono che quel luogo è perfettamente visibile dalla finestra di Calimero, «L’uomo con la finestra sul canale» (p. 63), che abita in via Bertiera n. 8. In questa mappa del secolo XVIII, che indica proprio l’andamento del tratto del canale di Reno entro le mura urbane, è possibile ritrovare, grazie alla visione dettagliata offerta dalla biblioteca digitale Arbor, l’affaccio di via Bertiera sul canale, naturalmente non ancora tombato. Quello che in questa mappa è ben visibile, oggi è invece una sorta di segreto che chi indaga può scoprire solamente grazie a un colpo di fortuna. Se l’agente Salvatrice Prenotato non vivesse lei stessa in via Bertiera, a fianco di Calimero, Sarti non avrebbe mai goduto della privilegiata visuale del canale e delle informazioni che l’uomo riesce a fornirgli, fondamentali per identificare senza tema di smentita i criminali che hanno scaricato il corpo esanime della Biondina su quelle rive invase dai rifiuti.   Anonimo emiliano del sec. XVIII, Andamento del canale di Reno entro le mura, 1036 x 728 mmCollocazione: GDS, Cartelle Gozzadini, Cart. 21, c.2
immagine di Il Canale di Reno alla metà del sec. XX
Il Canale di Reno alla metà del sec. XX
Non è certamente possibile in questa sede approfondire la ricchissima documentazione posseduta dall’Archiginnasio relativamente all’importanza dei canali per Bologna. Vi invitiamo a consultare la biblioteca digitale Arbor in cui si trovano moltissime fonti iconografiche. Ci soffermiamo solamente su alcune immagini selezionate a partire da spunti forniti dalle pagine del romanzo. La cartolina postale che vediamo qui (stampata nel 1981) riproduce una fotografia di metà Novecento e mostra ancora il canale di Reno nel tratto visibile da via Bertiera. Si tratta praticamente della zona che oggi è possibile osservare attraverso la famosa finestrella di via Piella.   Vecchia Bologna - Canale Reno - Bologna, cartolina postale, Bologna, Grafiche Delaiti srl, 1981. Collocazione: GDS, Raccolta Cartoline Parmeggiani, n. 998
immagine di Emilio Anriot, Veduta dei motori idraulici e macchina a vapore dello stabilimento N. 1
Emilio Anriot, Veduta dei motori idraulici e macchina a vapore dello stabilimento N. 1
Una testimonianza di come i canali fossero fondamentali nella vita artigianale e industriale della città. In questa albumina vediamo riprodotti macchinari dello stabilimento Manservisi. Riportiamo la nota che accompagna questo documento nella biblioteca digitale Arbor:   Lo Stabilimento Manservisi alla metà dell’Ottocento era la più grande industria per la lavorazione e la produzione della lana a Bologna. Costituito nel 1854, impiegò diverse centinaia di operai e fu dotato di più di duemila fusi azionati da motori idraulici e spinti da motori a vapore. Era situato tra le vie Capo di Lucca e Berlina e sfruttava l’acqua del canale delle Moline. Subì numerosi allagamenti, ma fu un incendio a distruggerlo completamente nel 1922.   Emilio Anriot, Veduta dei motori idraulici e macchina a vapore dello stabilimento N. 1, albumina, 198 x 250 mm Collocazione: GDS, Fotografie Bologna, n. 215
immagine di «Sostegno al Battiferro» (sec. XVIII)
«Sostegno al Battiferro» (sec. XVIII)
Dal Canale di Reno passiamo ad un’altra via d’acqua fondamentale per Bologna e più volte citata nel romanzo di Macchiavelli del 2022 così come in quello del 2002, I sotterranei di Bologna: il Canale Navile. E più in particolare uno degli elementi che lo caratterizzano, il Battiferro. In questa zona si trova la baracca abitata da Settepaltò, che viene bruciata - insieme ad altre catapecchie in cui vive la parte più povera ed emarginata della popolazione cittadina - durante un raid neonazista guidato dai fratelli criminali Rullo e Fulmine. Nell’immagine un disegno a penna con inchiostro bruno e acquerello grigio su carta avorio databile al secolo XVIII, in cui viene riprodotto il Sostegno del Battiferro, notevole opera di architettura navale che permetteva alle imbarcazioni di superare i dislivelli e raggiungere la città.   «Sostegno al Battiferro», disegno a penna e acquerello, 280 x 212 mm Collocaizone: GDS, Disegni di autori vari, Cart. 9, n.1302/18
immagine di Porta e dogana del Canale Naviglio (1779)
Porta e dogana del Canale Naviglio (1779)
Ancora il Canale Navile, e in particolare il punto di accesso alla città con la dogana, è protagonista di questa splendida cartolina stampata nella prima metà del secolo XX e che riproduce un’immagine databile al 1779.   Bologna antica - Porta e dogana del Canale Naviglio (1779), cartolina postale, Bologna, Giovanni Mengoli, prima metà del sec. XX. Collocazione: GDS, Cartoline Bologna 1-017
immagine di Bologna bombardata
Bologna bombardata
Concludiamo questa gallery dedicata a La stagione del pipistrello cogliendo due spunti che nel romanzo occupano solamente poche righe ma che offrono l’occasione di citare due lavori realizzati dall’Archiginnasio, il primo qualche anno fa, il secondo invece recentissimo. Nel secondo capitolo il narratore, all’interno di una delle numerose riflessioni nostalgiche sulla Bologna che fu, dice che il capoluogo emiliano è stata «città di una cultura, per poca che fosse, strappata ai libri rubati fra le macerie di palazzi distrutti dalle bombe aeree» (p. 20). Chi conosce la storia della Biblioteca dell’Archiginnasio sa che il 29 gennaio del 1944 il Palazzo venne colpito da una bomba, che causò notevoli danni sia al patrimonio artistico-architettonico che a quello documentario. Qualche anno fa la Biblioteca ha realizzato la banca dati Bologna bombardata, che vi invitiamo a consultare per approfondire l’argomento. Di seguito le poche righe che la introducono:   Tra il 16 luglio 1943 e il 22 aprile 1945 Bologna subì 94 incursioni aeree, 32 delle quali effettuate da bombardieri medi e pesanti. Sede di uno dei più importanti nodi ferroviari del nord Italia, la città era un obiettivo strategico da colpire senza sosta. I bombardamenti causarono la morte di circa 2500 civili, la distruzione di migliaia di edifici e danni incalcolabili al patrimonio storico e artistico; anche l'Archiginnasio, il 29 gennaio 1944, fu colpito da una bomba che distrusse un'intera ala del palazzo. La propaganda fascista tentò di sfruttare gli effetti dei bombardamenti per instillare odio verso gli Alleati, cercando di far dimenticare ai bolognesi le responsabilità del fascismo, che aveva trascinato l'Italia in una guerra senza speranza.   Per farsi un’idea dell’entità dei danni subiti dal Palazzo dell’Archiginnasio, basta sfogliare la slideshow delle fotografie scattate in seguito al bombardamento.
immagine di Pinocchio illustrato
Pinocchio illustrato
Ancora uno spunto minimo ma curioso. Dopo una notte passata con Rosas, notte decisiva per districare la matassa del caso che si trova fra le mani, Sarti Antonio si risveglia nella casa dell’amico. Che è già uscito ma gli ha lasciato un dono:   «L’unica traccia di Rosas è un foglio troppo grande per le quattro righe che contiene, posato sul tavolino. Avvertono, le quatro righe: “Qui sotto c’è un libro. Te lo regalo e se mai un giorno ti verrà, come promesso, il desiderio di leggere, il mio suggerimento è di cominiciare da questo. Copia del 1944, rara com’è ormai raro l’amore per i libri”. Solleva un angolo del foglio, quasi temesse di vedere spuntare uno scarafaggio, e si palesa la copertina di un azzurro chiaro sulla quale, in alto, è scritto un Pinocchio a grandi lettere arancioni e, come tracciato da una grossa penna, illustrato da Mosca» (p. 244-245).   Questa vecchia edizione di Pinocchio verrà letta nelle pagine seguenti non da Sarti Antonio, ma dall’agente-autista Felice Cantoni, che per essa abbandona la consueta lettura del quotidiano sportivo. Difficile dare un significato al dono di Rosas, si ha l’impressione che possa ritornare nei successivi volumi che andranno a completare la trilogia iniziata con La stagione del pipistrello, ma si tratta di ipotesi. Il richiamo all’opera di Collodi però, e ancora più l’attenzione dedicata alle illustrazioni di Mosca che la accompagnano, è un’occasione per invitare a consultare la bibliografia recentemente pubblicata online dalla nostra biblioteca col titolo Un burattino in Archiginnasio. Pinocchio e Pinocchiate nelle raccolte della biblioteca. Realizzata per celebrare i 140 anni dalla prima pubblicazione in volume dell’opera da parte dell’editore Paggi di Firenze nel 1883, offre una panoramica di alcune edizioni di Pinocchio illustrate possedute dalla biblioteca. Alcune di queste opere saranno anche protagoniste della mostra L’avventura disegnata. Viaggi, peripezie e racconti sensazionali nelle illustrazioni dei libri per l’infanzia: 1900-1950, visitabile in Archiginnasio dal 4 aprile al 6 luglio 2024.   L’illustrazione di Enrico Mazzanti è quella che introduce la prima edizione di Pinocchio in volume. Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, Firenze, Giunti, 1979, ed. anastatica dell’edizione Firenze, Paggi, 1883. Collocazione: SACCENTI Ga. 449
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