10 marzo 2017, 17:30 @ Biblioteca Italiana delle Donne

Il mio nome è Sabina Spielrein

Angela Peduto, con gli attori Giulia Fratini, Leo Ventura e Giovanni Chessa

Nell'autunno del 1977 negli scantinati del Palais Wilson di Ginevra, vecchia sede dell'Istituto di Psicologia, vennero ritrovati documenti di cui fino a quel momento nemmeno si sospettava l’esistenza.
Si trattava del diario che Sabina Spielrein tenne tra il 1909 e il 1912 e di numerose lettere scambiate con Freud e Jung. Rimasti sepolti per settant’anni e poi miracolosamente riemersi, lasciarono filtrare qualcosa di scandaloso e inatteso: l’intreccio passionale che unì il destino di Sabina a quello di Jung e Freud e che lasciò tracce profonde nella vita e nell’elaborazione teorica di ciascuno dei tre.
Come una nebulosa nella quale piano piano si disegnano dettagli inaspettati, la storia prese forma…
Sabina fu malata, amante, allieva, ispiratrice.
Sprofondò nella follia ma da quell’abisso tornò indietro, portando con sé un seme che sviluppò nel suo lavoro intellettuale. Amò Jung di un amore totale e impossibile, che la bruciò.
Errò senza patria, esule in un’altra lingua, incerta sui sentieri da prendere per portare a compimento il suo destino, incerta sulla natura stessa di quel destino, e tuttavia spinta inesorabilmente – appassionatamente - a cercarlo. Sulla sua storia si sono chinati con esiti diversi psicoanalisti, registi, qualche scrittore, cercando talora di scavarne i segreti e le contraddizioni, talora imprigionandola dentro interpretazioni dai confini troppo netti.
Racconteremo questa storia attraverso le lettere e i frammenti di diario, col rispetto che si deve al dramma umano di ciascuno dei
protagonisti.
Nelle voci degli attori riprenderanno vita le loro voci e sarà il nostro omaggio a un destino femminile che conserva intatto tutto il suo fascino e il suo enigma.


Alla storia di Sabina Spielrein sono ispirati il film drammatico di Roberto Faenza, Prendimi l’anima (2002) e il film documentario di Elizabeth Marton, My name was Sabina Spielrein (2002).
La sua vicenda fu ricostruita dallo psicoanalista Aldo Carotenuto in Diario di una segreta simmetria (Astrolabio, 1980).