
Album "Il pendolo di Foucault"
In questa gallery raccogliamo documenti che illustrano la genesi e la vita editoriale del secondo romanzo di Umberto Eco, Il pendolo di Foucault (Bompiani, 1988), che fanno riferimento ai temi trattati nell’opera o hanno fornito una base informativa per l’autore.
Questa non vuole essere un’analisi scientifica ed esaustiva di fonti e documenti utilizzati dall’autore né tantomeno un’interpretazione critica.
Quello che qui proponiamo è il resoconto di un’esperienza di lettura e di ricerca nel patrimonio della nostra biblioteca (con alcune escursioni su altre raccolte documentarie). Non c’è quindi nessuna pretesa di una presentazione esaustiva dei molti argomenti e dei molti materiali che il romanzo potrebbe suggerire, ma la volontà di compiere una scelta sulla base di motivazioni anche episodiche e dettate dall’interesse dei lettori e dalle discussioni che il gruppo di lettura ha sostenuto negli incontri precedenti.
Consci di non incarnare il Lettore Modello presupposto dal testo, del testo faremo un uso specifico piuttosto che darne un’interpretazione, secondo la distinzione posta dallo stesso autore in Lector in fabula (paragrafo 3.4, Uso e interpretazione, p. 59-60).
L’indicazione delle pagine del romanzo citate si riferisce alla prima edizione, pubblicata nel 1988 dall’editore Bompiani. De Il pendolo di Foucault sono comunque sempre indicati anche i capitoli da cui sono tratte le citazioni, per facilitarne l’individuazione in altre edizioni.
I documenti utilizzati sono quasi totalmente conservati e consultabili presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Salvo dove diversamente specificato la collocazione indicata è quindi relativa a questa biblioteca.

Timoteo Bertelli, Appunti storici intorno alle ricerche sui piccoli e spontanei moti dei pendoli fatte dal secolo XVII in poi (1873)
Timoteo Bertelli in questo opuscolo pubblicato nel 1873 ha il merito di raccogliere ed esporre in ordine cronologico i diversi studi compiuti sul moto del pendolo a partire dal XVII secolo. Viene naturalmente citato più volte l’esperimento di Foucault, del quale viene riconosciuta l’importanza, pur se Bertelli segnala che già in precedenza erano state realizzate esperienze simili rimaste nell’ombra. Cita in particolare (p. 22-23) il P. Agostino Bartolini, Minore Osservante, che più volte aveva realizzato esperienze capaci di dimostrare quanto sarebbe poi stato reso pubblico da Foucault.
«Egli aveva in animo di pubblicare il suo trovato nei giornali, ma se ne astenne piegandosi al consiglio di un suo correligioso, il quale per soverchio riservo lo consigliò di lasciare che intanto altri, a maggior conferma della medesima, ripetesse la stessa prova» (ivi, p. 22).
Se è vero quanto dice Bertelli - che nelle righe successive porta una lettera a dimostrazione di ciò - Bartolini perse la sua occasione di ritagliarsi un posto nella storia della scienza.
Il titolo focalizza l’attenzione sul motivo per cui utilizzare il pendolo per dimostrare il moto terrestre era complicato, tanto che Foucault era stato spesso snobbato quando aveva affermato di volere realizzare l’esperimento poi divenuto famoso: ogni minimo movimento innaturale infatti può modificare l’ondulazione dell’oggetto e compromettere la riuscita della prova. I “diabolici”, maestri nel mescolare scienza e magia, per muovere il pendolo durante il rito magico nel Conservatoire, utilizzano «un prestidigitatore, un illusionista del Petit Cirque di Madame Olcott, un professionista capace di dosare la pressione dei polpastrelli, dal polso sicuro, abile a lavorare sugli scarti infinitesimali. Forse era capace di percepire, con la suola sottile delle sue scarpe lucide, le vibrazioni delle correnti, e di muovere le mani secondo la logica della sfera, e della terra a cui la sfera rispondeva» (cap. 113, p. 461).
Timoteo Bertelli, Appunti storici intorno alle ricerche sui piccoli e spontanei moti dei pendoli fatte dal secolo XVII in poi, Roma, Tipografia delle scienze matematiche e fisiche, 1873.