La voix des sirènes
a seguire La belle époque
La voix des sirènes
(2024) di Gianluigi Toccafondo (20')
Nel cuore del fondale marino, ondeggiano alghe primitive, cullate dal suono ovattato e scrosciante delle correnti. In alto, sulla superficie dell’acqua, appare qualcosa di straordinario: una voce. Dolce e seducente più di qualunque cosa mai sentita. “La suggestione di un mostro che canta è sempre rimasta molto forte nel mio immaginario. Le forme femminili abbinate alla forza e violenza di un mostro mi hanno sempre affascinato”.
Gianluigi Toccafondo
La belle époque
(Francia/2019) di Nicolas Bedos (110')
Si apre su una settecentesca cena regale […]. Decisamente non siamo nella Belle Époque. Infatti, squilla presto un cellulare, l’imbarazzo dilaga e il regista interrompe la scena. Non siamo nemmeno sul set di un film, ma nella lussuosa ricostruzione del periodo storico preferito che l’agenzia Time Traveller mette in scena a uso di danarosi clienti che, per un giorno o più giorni, possono rivivere il passato. Più ‘vero’ e tangibile della realtà virtuale, alla quale invece si abbandona per prendere sonno Marianne, matura psicoanalista di successo che anela a tutto ciò che è ‘futuro’; mentre il marito Victor, disegnatore il cui lavoro e andato in crisi insieme alla carta stampata, si lascia andare nel ricordo del passato. Una coppia che è stata molto felice ma è ormai distante: Fanny Ardant (che nel corso della storia arriva a momenti di sublime e inaspettata volgarità) e Daniel Auteuil, barbuto, sciatto, intristito e ingrigito, assoluto, impagabile dominatore del nuovo film di Nicolas Bedos.
La Belle Époque ha il respiro di una sceneggiatura impeccabile (dello stesso Bedos), che non perde mai il ritmo né il filo delle varie trame che intreccia. […] Auteuil dà il meglio di sé: nella ‘vestizione’ la malinconia si colora di ironia […]. Ma non perde mai di vista la finzione, non dimentica mai di trovarsi su un set […]. Nessuna ingenuità, nessuno sperdimento, ma abbandono consenziente alle tante dimensioni parallele nelle quali siamo immersi. Un po’ come andare al cinema.
Emanuela Martini
Ho immaginato questa compagnia teatrale specializzata nelle rievocazioni storiche che avrebbe immerso fisicamente lo spettatore nella storia. Niente di sofisticato come in Black Mirror, per esempio. Qui, l’innovazione di Antoine si basa su un set, sugli oggetti di scena, sulla documentazione storica e sugli attori. Volevo raccontare cosa succede nei backstage, un posto che mi è familiare da quando ero bambino. Ciò ha permesso a me e al mio team di mettere in evidenza l’aspetto artigianale del cinema e del teatro. Sarti, scenografi, macchinari, assistenti, attori e così via: il film mostra una troupe al lavoro.
Nicolas Bedos