La tigre e il dragone
(Wo hu cang long / Crouching Tiger, Hidden Dragon, Taiwan-Hong Kong-Cina-USA/2000) di Ang Lee (120')
Quasi tutti i registi cinesi sentono di avere un wuxiapian – film di cappa e spada – dentro di sé. La tigre e il dragone di Ang Lee è al contempo la realizzazione di un sogno d’infanzia e il raffinato tentativo di conciliare il desiderio di restare in contatto con le proprie radici cinesi e la necessità di produrre opere per un pubblico globale. […] Lee, il suo sceneggiatore abituale James Schamus e i loro produttori americani e asiatici (per non parlare del loro illustre compositore Tan Dun, che contribuisce con una partitura molto originale) hanno valutato che John Woo, Tsui Hark e il cinema action hongkonghese in generale avessero ormai aperto la strada al revival del vecchio genere in lingua cinese presso il pubblico internazionale. […] La tigre e il dragone si rifà direttamente ai capolavori degli anni Sessanta del genere […]. Quasi nessuno dei temi, dei motivi o delle ambientazioni del film sarebbero stati fuori posto in quei film […]. Sempre divertente e coinvolgente, La tigre e il dragone si distingue soprattutto perché va oltre i codici del genere in due modi sorprendenti. Il primo è l’azione coreografica post-Matrix, che letteralmente conduce a nuove vette i combattimenti aerei; Yuen Wo-Ping si è definitivamente lasciato alle spalle le farse di Jackie Chan. L’altro è la sua spinta apertamente femminista. Volpe di Giada e Jen partono dal presupposto che gli uomini siano da odiare e disprezzare e vedono le loro azioni come anti-patriarcali. L’euforica inquadratura finale suggerisce che possano davvero farcela da sole.
Tony Rayns
Questo film è una sorta di sogno della Cina, di una Cina che probabilmente non è mai esistita, fuorché nelle mie fantasie di gioventù a Taiwan. Da bambino la mia immaginazione era infiammata dai film di arti marziali e dai romanzi di cappa e spada che leggevo invece di fare i compiti. Trovo davvero molto divertente che questi due modi di sognare la Cina siano ora confluiti in un film che sono riuscito a girare proprio in questo paese. Abbiamo utilizzato questo cinema di genere come una sorta di strumento di ricerca per scoprire l’eredità della cultura tradizionale cinese. Si è presa in considerazione la più universale tra tutte le forme artistiche e la si è fatta dialogare con quella più alta, quella delle arti marziali segrete, così come ci sono state tramandate nel tempo dalle grandi scuole taoiste di addestramento e di pensiero. Solo che mentre in genere i film d’arti marziali sono tutti fondati sulla virilità, il mio film trova il suo centro nei personaggi femminili: sono proprio le donne, alla fine, a intraprendere il ‘cammino’. [...]
Anche l’aspetto drammaturgico è strutturato come una coreografia, come se si trattasse di arti marziali, in cui la lotta non consiste mai solamente nei calci e nei pugni, ma rappresenta anche il modo in cui i personaggi esprimono la loro condizione e i propri sentimenti. Lavorare con il maestro d’arti marziali Yuen Wo-Ping (lo stesso di Matrix) e il suo team mi ha permesso di imparare un modo di fare cinema molto rigoroso che tende alla perfezione, in cui la costruzione delle singole inquadrature e il montaggio si avvicinano alla danza e alla musica.
Ang Lee